Corri Harriet, corri!

La notizia mi è arrivata improvvisa ed è stato come ricevere un pugno allo stomaco e uno al cuore: a Gulu è morta Harriet! Di colpo mi sono ritrovato proiettato indietro nel tempo di 18 anni…

LUGLIO 2003 – IL CALVARIO DI HARRIET

Se dovessi riassumere in una sola immagine questo viaggio in Uganda, non avrei esitazione a dire il nome di Harriet: 13 anni, bellissima, da settimane giace paralizzata su un letto dell’ospedale di Lacor. È lei il drammatico simbolo della violenza inaudita che da 17 anni sta insanguinando il Paese.

Harriet è stata rapita dai guerriglieri lo scorso mese di febbraio: come 5.000 altri suoi coetanei nel solo ultimo anno, i maschi costretti ad imbracciare le armi, le ragazze a divenire schiave sessuali dei capi.

Per una settimana i rapitori di Harriet si sono mossi indisturbati nella savana, attaccando e depredando un villaggio dopo l’altro. Intercettati infine da un gruppo di soldati, si sono dati alla fuga. Tutti, fuorché lei, raggiunta da un proiettile alla schiena. Il trasporto all’ospedale le ha salvato la vita, ma certamente non sarà una esistenza facile la sua.

Il giorno dopo, prima di lasciare Gulu, passo in ospedale a salutare Harriet. I suoi grandi occhi sono pieni di muti “perché?”, cui niente e nessuno forse potrà dare risposta. Le regalo una maglietta di Insieme si può, quale solenne promessa che non ci dimenticheremo del dramma delle popolazioni del Nord Uganda e soprattutto di lei, crocifissa in un letto d’ospedale da una sporca guerra dimenticata da tutti.

E LA PROMESSA È STATA MANTENUTA…

Per Insieme si può, Harriet è stata, sin dal luglio 2003, un simbolo, una bandiera, una storia da raccontare a bambini e adulti, perché incarnava in sé la follia della guerra, la straordinaria forza di volontà di una ragazzina, il riscatto reso possibile grazie anche all’aiuto di altri bambini (i Colibrì) che hanno preso a cuore la sua sorte, l’hanno accompagnata per tanti anni, le hanno donato dapprima una carrozzina, poi una casetta e un pozzo, e infine la possibilità di andare a scuola e diventare un’apprezzata parrucchiera. Quella maledetta pallottola le aveva spezzato la colonna vertebrale, ma non la gioia di vivere e di sorridere.

Appresa la notizia, Edy, la fondatrice dei Colibrì, ha detto: “Con Harriet se ne è andato un altro pezzo della nostra storia”. Vero, però io mi sento di aggiungere che ora quella storia è diventata ancora più preziosa. E, sia pur nella tristezza, non posso che immaginare Harriet correre nuovamente libera e felice sui verdi prati del Paradiso, sicuramente seguita dallo sguardo divertito e compiaciuto di Fratel Elio Croce, che l’ha preceduta di poco.

Assieme ai Colibrì e a tutti coloro che l’hanno conosciuta e che da sempre hanno fatto il tifo per lei, anch’io grido forte: “CORRI, HARRIET, CORRI VELOCE!”.

Piergiorgio Lubega Da Rold