Luce e latte, simboli di vita per un’altra storia di riscatto

Sono passati gli anni dall’avvio del caseificio Fromagerie La Lumiére (scopri la storia di questo progetto), le donne che con i primi ricavi dalla vendita del latte hanno potuto mandare i figli a scuola, assicurare l’assistenza sanitaria per la famiglia, migliorare l’alimentazione, poco a poco hanno cominciato a dotarsi di “piccole comodità” come l’acquisto di una stuoia, di un materasso per non dormire più su un giaciglio di paglia posato sul pavimento di terra battuta o di cemento, aggiungendo pian piano magari due panche o due poltroncine: una vera stanza dalle pareti in legno e fango, in cui è piacevole riunirsi. Le più intraprendenti sono diventate esperte di marketing, propongono il formaggio “Lumiére” a sempre nuovi clienti e le richieste sono aumentate.

Ed è in questo momento che le esigenze della Lumiére si sono incrociate con i bisogni di molte famiglie  che vivono a Gishwati, a nord-ovest del Ruanda, a un’ora di auto da Ruhengeri.

Gishwati, 2.600 metri d’altitudine, immensi pascoli e coltivazioni di tè, mucche al pascolo: un paradiso per turisti frettolosi, ma ti si stringe il cuore quando capisci che la vita delle persone che abitano in questo posto meraviglioso dipende dai, sia pur scarsi, ricavi della vendita del latte. Hanno alle loro spalle una storia di fatica e miseria interrotta quando il governo ha fatto costruire un caseificio nella zona. Purtroppo la mancanza di elementari norme igieniche, dovuta non a volontà ma, forse, ad ignoranza, ha determinato la chiusura della struttura e il conseguente impoverimento delle famiglie.

L’intervento della Lumiére è stato fondamentale non solo per l’acquisto di 500 litri di latte al giorno, ma soprattutto per il valore aggiunto del progetto che non si è limitato ad una sorta di negoziazione economica, ma ha avviato con la gente un percorso di formazione. Negli incontri, gli operatori della Caritas hanno fornito i basilari elementi d’igiene: come tenere pulito il luogo della mungitura, come detergere le mammelle delle mucche, come mungere, come lavare i bidoni in modo che non vi rimangano residui di latte o di detersivo. Sembra strano aver dovuto insegnare a contadini di sempre questi semplici accorgimenti, ma sono proprio questi che determinano la bontà del latte ed evitano pericoli per la salute. La gente di Gishwati si è impegnata e, con i primi ricavi, ha acquistato i bidoni di acciaio inossidabile, da 25-50 litri, che facilitano la pulizia e danno la necessaria sicurezza dì igiene.

Modeste, responsabile del progetto, percorre tutte le mattine i 40 km di strada per arrivare al punto di raccolta. Abbiamo visto arrivare piano piano con il loro prezioso carico uomini con il bidone del latte in spalla e donne curve con il bidone sulla schiena  trattenuto da una fascia che attraversa la fronte. Avevano munto le vacche presso le loro case o direttamente al pascolo e percorso anche un’ora di cammino a piedi, senza aver mangiato nulla dalla sera prima. Attendevano i controlli di Modeste che già ad un primo colpo d’occhio si accorgeva se c’era qualche impurità.

ll latte, sottoposto al controllo della temperatura, della densità e dell’acidità, è stato finalmente travasato nei bidoni della camionetta con grande soddisfazione di tutti, anche nostra che eravamo stati spettatori del piccolo miracolo in cui il latte, come la” Lumiére”, è diventato mezzo di crescita personale, economica e sociale. Ma è stato bello anche vedere le donne, finalmente libere, che se ne tornavano a casa sorridendo e chiacchierando fra di loro…

di Teresa Vedana, referente progetti Ruanda