Vietnam: quando l’acqua è troppa
(Queste righe sono di Enzo Falcone, referente del nostro progetto SAD a Da Nang, che ci racconta in prima persona la difficile situazione delle alluvioni che hanno colpito il Vietnam. Con parole intense, condivide ciò che sta vivendo insieme alle famiglie e alle comunità del progetto)
Acqua, eterno refrigerio della terra, sorgente di miti e di imperi. Dalle pagine di pietra di antichi templi, la storia narra di popoli che si inginocchiarono davanti a fiumi larghi come mari, chiamandoli dèi, offrendo loro sangue e grano perché la vita non si spegnesse e l’acqua continuasse a benedire il mondo. Ogni antica civiltà tramanda di essere nata su un’ansa d’acqua. Oggi, nell’era delle macchine che pensano, le guerre future non saranno solo per il petrolio, ma per l’antico diritto di bere. Ai fiumi si abbevereranno non solo greggi e uomini, ma anche l’assetata intelligenza artificiale.
Torneranno i trattati spezzati, le dighe come fortezze e imperio sull’uomo, i deserti che avanzeranno come eserciti. In Africa, dove ho camminato per anni a curare piaghe di miseri genti, ogni goccia è moneta d’oro, ogni pozzanghera un tesoro. Noi non conosciamo il miracolo dell’acqua, viviamo nell’oblio di gesta antiche, di anfore d’acqua trasportate sul capo di donne. Un giro di rubinetto e il miracolo scorre: bere, cucinare, lavare, tutto senza un passo fuori casa. Nessun sentiero polveroso, nessuna tanica da trascinare per ore sotto il sole che brucia.
Il Vietnam. Migliaia di chilometri di costa battuti da monsoni furiosi ogni anno. Fiumi giganti nascono in Cina, serpeggiano tra nazioni, e come draghi si gonfiano di rabbia e di limo, gettandosi nei delta del Fiume Rosso e del Mekong come titani che si inginocchiano al mare. Benedetti per quando danno i ricchi raccolti di riso, maledetti quando il drago furioso si risveglia. Sull’acqua il Vietnam ha sviluppato la sua civiltà: dighe, canali, terrazze di riso che brillano come specchi sotto la luna. Il riso del Vietnam benedice le tavole del mondo. Terzo esportatore globale di riso, ogni chicco è una promessa di nutrimento e di fame saziata, ogni campo di riso una vittoria sulla fame.
Ma quando l’acqua è troppa? Quando il cielo si squarcia in un ruggito di tuoni e lampi, il vento ulula e s’insinua in ogni pertugio e i fiumi si destano come draghi infuriati, pronti a inghiottire la terra che li ha generati? L’anima intrisa di terrore si chiede se ancora ammirerà il cielo stellato e altri giorni le saranno concessi. L’alito della morte lo sente appresso e ignora se ci sarà un domani di salvezza. Allora la benedizione si muta in espiazione. Il miracolo dell’acqua, sorgente di vita, diventa flagello, furia cieca. I venti ululano come antichi spiriti vendicativi, le tempeste tropicali si abbattono sulle terre baciate dal sole e dall’abbondanza. Nessuna genuflessione, nessun altare può placare la collera del cielo. I fiumi straripano, gonfi di rabbia primordiale, trasformano le strade in torrenti, frane come valanghe di terra viva inghiottono sentieri e speranze. I raccolti vengono sommersi, annegati, cancellati. Case fragili, tetti di lamiera come foglie secche, vengono strappati via dalla forza dell’acqua e del vento, trascinati nel caos. La gente muore: uomini, donne, bambini, animali vittime di un elemento che un tempo era madre.
Poi, quando il terrore si placa, il cielo si stanca della sua ira, si contano i morti, si ricostruisce, e si riprende la vita. Così, ogni stagione. Un ciclo eterno di grazia e punizione. Noi rimaniamo rinchiusi nelle nostre fortezze di cemento, con scorte d’acqua, cibo, candele accese come fiaccole contro l’oscurità. Ma siamo impotenti. Non possiamo stendere la mano che aiuta, non possiamo varcare il diluvio, non possiamo portare la nostra solidarietà. Aspettiamo che la piena passi. Solo guardare, e ricordare che l’acqua, madre e carnefice, non conosce confini e il ciclo si ripeterà ad ogni stagione.
Enzo Falcone – Referente progetto ISP di Sostegno a Distanza a Da Nang (Vietnam)