Ruanda, semi di speranza: cronache e riflessioni

Torno per la terza volta in Ruanda ed è sempre un’esperienza nuova anche rimanendo nel piccolo ambito di Ruhengeri.

Volti noti con cui subito si riannodano i fili dei ricordi, volti sconosciuti che subito ti diventano familiari per l’affinità delle situazioni, volti curiosi che ti scrutano pensando chissà cosa, bambini e bambine che ti cercano e ti circondano sorridenti e chiassosi. Noi siamo entrati nelle case, nei cortili, abbiamo tentato di dare risposte ai loro bisogni, abbiamo ascoltato le loro parole, a volte solo sussurrate per pudore.

Sono le parole della bambina a cui hanno rubato la cartella e non potrà iniziare le lezioni, quelle delle mamme preoccupate perché la scuola ha cambiato le divise e loro non ce la faranno a pagare anche le tasse, l’assicurazione sanitaria, il corredo scolastico. Sono problemi grossi per una piccola economia di sussistenza che noi abbiamo risolto con poche decine di euro, perché prioritario in quel momento era il diritto all’istruzione.

Capita anche questo, ma l’assistenzialismo, la beneficenza non ci appartengono perché il nostro obiettivo è condurre all’autonomia. Sono piccoli passi inseriti in un grande progetto.

E sono le donne le protagoniste dell’affrancamento della loro famiglia dalla miseria e dall’ignoranza e di ciò ne beneficerà la società intera. Sono donne orgogliose e attente, guidate da persone competenti ed autorevoli che innanzitutto formano, poi consigliano e guidano con interventi, che a noi potrebbero sembrare ingenui. Io stessa, figlia di contadini, mi sono meravigliata quando Modeste si è dedicato con pazienza e semplicità a spiegare alle donne come scegliere le erbe migliori per aumentare la produzione di latte delle mucche e come utilizzare anche il letame delle pecore e delle capre e gli escrementi dei piccoli animali da cortile per concimare gli orti.

Ma la forza di tutto ciò sta nel fatto che queste donne si uniscono, formano cooperative, dividono la fatica e le spese, moltiplicano la produzione e, quindi, il reddito.

Stanno nascendo i primi orti pilota del progetto “Seminando futuro”. Le donne ci mostrano con orgoglio le grosse zucche coltivate all’ombra degli arbusti di prugne del capo, un frutto simile alla maracuja, dal sapore acidulo, ricco di vitamine e facilmente coltivabile. L’introduzione di frutta e ortaggi che si discostano dalla tradizione ha l’obiettivo di diversificare e arricchire l’alimentazione della gente, mentre la valorizzazione o addirittura il recupero di sementi locali vuole trasmettere il valore dell’identità e creare nuove possibilità di mercato.

Di grande importanza è stata la creazione della banca delle sementi dove le donne depositano anche una parte delle sementi prodotte; in questo modo non dovranno più investire risorse per la nuova stagione, si abituano a non consumare tutto e subito per costruire il loro futuro.

Lo stesso principio di “guardare indietro per andare avanti” è stato utilizzato per la formazione di 90 donne artigiane che hanno ritrovato gli antichi metodi di colorazione delle fibre e delle erbe per la realizzazione di cesti tradizionali e di borse aggiungendo un valore non solo economico, ma anche ecologico.

Ho visto crescere in questi anni la consapevolezza di donne e uomini che si sentono artefici del loro futuro perché “provocati” e sostenuti da persone che hanno avuto l’intuizione e la capacità di costruire sui loro bisogni, sulle loro esperienza e sulle loro capacità.

È il sogno della fromagerie diventato ora una realtà in cui si lavorano 500 litri di latte al giorno che provengono dalle piccole stalle delle donne allevatrici.
Da ottobre a marzo sono state prodotte e vendute 5180 forme di formaggio. Negli ultimi mesi si sono susseguite ispezioni governative per ricevere il documento all’esportazione ed ora La Lumière produce il formaggio… più buono che c’è!

Se ho elencato i risultati ottenuti non è per vanteria, per dirci e farci dire:”Ma quanto siete stati bravi!” ma perché Caritas Ruhengeri, Jardin de los niños, Caritas Antoniana, Mondo Giusto hanno creduto nelle potenzialità della gente e le hanno sapute valorizzare affidandosi a persone che realmente amano il loro paese e la gente che vi abita.

Ma c’è anche il nuovo, ci sono i giovani e le giovani che vogliono imparare un mestiere. Abbiamo avuto la fortuna di assistere alla fine dei corsi, alla consegna dei diplomi e dei kit di lavoro per la specifica professione di ragazzi e ragazze che hanno frequentato i corsi di formazione per sarte, magliaie, parrucchiera, falegnami , saldatori; nei loro occhi si leggevano gioie e speranze. C’era chi aveva già trovato il lavoro, chi si accingeva ad aprire un piccolo laboratorio, magari in strada, ma tutti e tutte hanno ringraziato per l’opportunità che hanno avuto.

Ricordo le 11 ragazze diplomate sarte dal Granello di senape. Le avevamo incontrate l’anno scorso, timide ed impacciate, quasi quasi non osavano alzare la testa: le abbiamo ritrovate piene di vita davanti alle loro mamme e ai loro educatori.

Alla fine della cerimonia ragazze e mamme ci hanno coinvolto in una danza “liberatoria” che ci ha dato il senso dell’accoglienza.

Un altro momento di festa lo abbiamo vissuto “ a casa nostra” (Caritas Ruhengeri) con la chiusura dei corsi di formazione. I ragazzi e le ragazze sono tornati nel loro villaggio con il materiale essenziale per avviare una piccola attività in proprio. Ho seguito con attenzione la piccola, futura parrucchiera che con pazienza intrecciava i capelli dell’amica e che, vedendo arrivare lo specchio che le sarebbe stato assegnato, mi ha fatto uno splendido sorriso e un “batti cinque”.

Alla fine tutti se ne sono andati in un vai vai di biciclette taxi. Alcune ragazze si sono caricate la macchina da cucire sulla testa: per noi spettacolo incredibile, per loro normalità. Ma non è finita qui … saranno seguiti per un periodo, dai formatori per accompagnarli ulteriormente nei primi passi in autonomia.

Progetti dei piccoli passi, ma anche, ora, un “progettone” realizzato con un enorme sforzo congiunto da Caritas RuhengeriCaritas AntonianaMondo Giusto e da MLFM (Movimento per la lotta contro la fame nel mondo) di Lodi e dalla popolazione locale.

È l’acquedotto di Rwaza che attraverso 7 chilometri di tubature e 11 fontane darà acqua potabile a 33.000 abitanti, 22.000 persone che si recano al dispensario, a 3500 studenti delle 5 scuole. Sono numeri da capogiro; è come se gli abitanti dei comuni di Belluno e Feltre con le loro scuole, i loro ospedali avessero per la prima volta, anno 2016, l’acqua potabile.

Quest’anno la visita all’acquedotto è stato il mio primo impatto con il Ruanda.

Siamo arrivati sulla sommità della collina mentre alcune donne stavano trasportando i sassi per costruire la cisterna.

Tra le foto che abbiamo scattato ce n’è una, magari non completamente realistica, frutto di un piccolo movimento della macchina fotografica, in cui si vedono queste donne con i loro abiti coloratissimi, che sembrano avanzare danzando con i catini pieni di pietre in bilico sulla testa. È un’immagine di leggerezza, agilità, ma anche di forza e di determinazione. Ricordo allora che tutto qui è stato fatto a mano, dagli scavi sui fianchi della collina, alle prese d’acqua, ai piccoli edifici necessari. L’anno scorso a febbraio eravamo ancora alla ricerca delle sorgenti.

Abbiamo camminato per ore in mezzo ai campi di grano, lungo viottoli che si inerpicavano sulla collina, in un grande prato, abbiamo misurato, calcolato portate d’acqua ed ora l’acquedotto è quasi ultimato e a giorni arriverà la corrente.

Arriverà l’acqua, tempo di vita per le donne, ma soprattutto per i bambini e le bambine che non dovranno più camminare per chilometri con le taniche sul capo e che avranno più tempo per giocare e studiare come è loro diritto.

E, da ultimo, ancora un pensiero di festa dedicato ai bambini e alle loro famiglie: è il tradizionale appuntamento con le famiglie affidatarie e i bambini della casa famiglia di Bukane sostenuti dal gruppo di “Insieme si può…” di Fanzolo.

È in questa occasione che abbiamo distribuito i quaderni, le penne e le matite che le famiglie non erano in grado di acquistare, ma questa volta c’è stato un grande movimento in più: è stata data una maialina alle famiglie maggiormente in difficoltà. Certo l’arrivo degli animali ha creato scompiglio, ma anche allegria.

Per noi è stato come donare un pezzetto di futuro ed è questo che dà il senso ai nostri progetti in Ruanda.

Nino, Lucia, Teresa