Quando la scuola arriva a casa

Di sicuro il mese di settembre porta il nostro pensiero alle scuole che riaprono, ai bimbi che preparano gli zaini (spesso nuovi, perché il colore dell’anno è diverso da quello precedente o il cartone animato più popolare è cambiato; ma forse quest’anno sarà diverso per molti di loro, anche in Italia), ai genitori che finalmente ritornano ad un ritmo più stabile (non devono più ricorrere ai nonni o ad aiuti esterni), agli insegnanti che ripartono con riunioni e programmazioni incontrandosi come ai vecchi tempi, pur rispettando le distanze di sicurezza… Anche se quest’anno sarà per tutti sicuramente diverso: il Coronavirus ha davvero sconvolto il normale corso di ogni cosa.

Qui in Uganda settembre non è l’inizio di un nuovo anno scolastico, ma coincide con l’inizio del terzo ed ultimo trimestre dell’anno formativo. Purtroppo però quest’anno la scuola non riaprirà i battenti, causa pandemia. Quanta amarezza, quante preoccupazioni! La maggioranza delle scuole in Uganda è privata; quelle governative, oltre ad avere un basso livello di qualità, hanno più di 100 alunni per classe: come si può organizzare la distanza sociale suggerita dall’attuale situazione sanitaria?

Con le scuole chiuse e il governo che non prende delle decisioni, diventa davvero importante pensare, disegnare un modo diverso per arrivare ai giovani studenti, per non lasciar perdere completamente l’istruzione. Era il Vescovo di Gulu che negli anni ‘80 continuava a dirci che se si voleva aiutare la sua gente si doveva investire sulla formazione. Ecco perché come “Insieme si può…” abbiamo proposto un modo nuovo di arrivare agli studenti, per non lasciarli soli, reclutando alcuni insegnanti per preparare i compiti diversi per ogni classe e assumendo qualche giovane per stampare, fotocopiare e consegnare casa per casa i lavori preparati, recuperare i compiti eseguiti e riportare le relative correzioni.

Lavoro non facile, che ha richiesto più spese rispetto alle normali tasse scolastiche, ma che sta dando grosse soddisfazioni. I bambini sono entusiasti, erano davvero stanchi di bighellonare per le strade senza alcuna occupazione, in attesa di non si sa neppure cosa. Le insegnanti, che finalmente hanno la certezza di un’entrata dignitosa per mantenere la propria famiglia, hanno iniziato a lavorare senza mai guardare l’ora, con la chiara voglia di sfidare questa condizione. La distribuzione è iniziata dopo meno di 15 giorni di preparazione di tutte le schede, organizzate per ogni singola classe, e dopo una settimana i giovani sono ripassati a riprendere i compiti svolti e a consegnare quelli nuovi. Non si può dire di non vedere passione in questo nuovo servizio.

Credo dicesse bene Plutarco quando affermava che “la mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”, ed è proprio questo piccolo stimolo che ha acceso in tutti la voglia di impegnarsi: d’altra parte, meglio davvero aiutare oggi un piccolo a “costruirsi” nel migliore dei modi possibili che doverlo “sanare” un domani, con il rischio che sia ormai troppo tardi. Possiamo urlare tutti insieme, da qualsiasi parte del mondo: evviva la scuola! Sono certa che chiunque approverà.

 

Marilisa Battocchio
Responsabile progetti ISP Kampala