
5° viaggio umanitario in Ucraina
Quando – a mezzanotte del 2 giugno, dopo un viaggio di 5 giorni e lungo 3.800 chilometri – io e l’amico Giovanni Abriola siamo rientrati in Italia, abbiamo pensato all’inno di Mameli, orgogliosi di aver onorato quella parte della Costituzione che afferma che il nostro Paese ripudia la guerra. Si concludeva infatti positivamente la quinta missione umanitaria, finanziata da “Insieme si può…”, a favore delle vittime ucraine della guerra scatenata dalla Russia oltre tre anni fa.
Come nelle precedenti occasioni, il carico del nostro furgone era costituito per lo più da materiale difficile da trovare in Ucraina. Oltre a 4 generatori elettrici, un centinaio di lampade ricaricabili, alcuni scatoloni di vestiario e scarpe donate dalla ditta CMP – Campagnolo, abbiamo trasportato 15 carrozzine (di cui tre elettriche) e decine di ausili vari per disabili, per lo più donati dalla Comunità per disabili “Piergiorgio” di Udine. Il lunghissimo viaggio è stato caratterizzato da numerose difficoltà, dovute ai numerosi cantieri stradali e ai ripetuti e fortissimi acquazzoni. In dogana, all’andata il nostro mezzo è stato sottoposto ad un controllo con scanner, mentre al rientro, quando eravamo ormai vuoti, abbiamo perso quasi 4 ore per un “controllo approfondito” del mezzo e dei nostri bagagli personali, che sono stati ispezionati ben 5 volte!
La nostra destinazione a Kiev era la Parrocchia di San Nicola, dove ci attendeva Padre Pavlo Vyshkovskyi, che sin dal primo viaggio si occupa di distribuire gli aiuti alle persone che ne hanno bisogno. Anche in questa occasione – straordinariamente – e durante l’intera nostra permanenza la capitale è stata risparmiata dall’attacco di droni e di missili. L’assenza del preoccupante suono delle sirene ha permesso a tutti di dormire per l’intera notte.
Padre Pavlo ci ha accompagnato a visitare il villaggio di Moshchun, situato a 20 km dal centro di Kiev, che ha subito uno degli attacchi più feroci nei primi giorni di guerra. Siamo a pochi chilometri dai più tristemente noti quartieri di Bucha e Irpin, ma anche qui c’erano ovunque case bruciate, parzialmente o totalmente distrutte. La casa del Comune è nuova ma scopriamo che è stata ricostruita da pochi mesi. Al suo interno sono esposte le foto di come era ridotta dopo il bombardamento. Un filmato documenta che il paese era stato praticamente raso al suolo. Dopo aver consegnato un paio di deambulatori a due donne e distribuito vestiario e scarpe alle persone più povere del paese, il sindaco ci ha portato a visitare prima la sua casa completamente distrutta (lui vive oggi in un container), e poi un memoriale dove sono ricordati i 154 militari del villaggio deceduti sino ad ora in questa orribile guerra: tra tutte spiccavano le foto di un ragazzo di 19 anni e di tre donne, anch’esse giovanissime. Mentre iniziava il nostro viaggio di ritorno, Padre Pavlo guidava un gruppo di giovani della parrocchia in un pellegrinaggio di una decina di chilometri verso la cattedrale cattolica. A Kiev la celebrazione del Giubileo della Speranza significa soprattutto esprimere il proprio desiderio di Pace. Una Pace che purtroppo è ancora molto lontana e che richiede da parte di tutti un rinnovato impegno nel rimanere vicini e solidali alle vittime.
Piergiorgio Da Rold