Intervista a Maria Pia del Gruppo ISP San Gregorio nelle Alpi

Maria Pia, raccontaci qualcosa di te.

Mi ritengo una persona sensibile, ma so anche andare controcorrente. Sicuramente metto sempre tutta me stessa in quello che faccio, e vivo un po’ per aria: ho molti sogni, molta fantasia, nonostante abbia già superato i 60 anni!

Come hai conosciuto Insieme si può?

Attraverso Paola del Gruppo ISP di Sedico, mi aveva colpito in particolare il discorso dell’autotassazione. Con alcune signore del paese ci davamo già un po’ da fare per gli altri in Parrocchia, ma senza una particolare strutturazione. Quello che ha fatto definitivamente uscire quel qualcosa che a San Gregorio c’era, ma era nascosto, è stato un incontro con Piergiorgio, parliamo di oltre 20 anni fa dato che il Gruppo ha festeggiato il ventennale nel 2019.

Cosa ricordi?

“Un giorno qualcuno mi chiederà conto di quello che potevo fare e non ho fatto”: questo recitava la prima diapositiva proiettata da Piergiorgio in quell’incontro. È una frase che è ancora scritta sulla cassetta delle offerte che usiamo nelle iniziative del Gruppo. Noi presenti ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare, ci siamo ritrovati in seguito e abbiamo deciso di costituire il Gruppo, che oggi è formato da circa 15 persone.

Quali attività realizzate?

Abbiamo cominciato pian piano, innanzitutto con l’autotassazione, poi con altre iniziative come la vendita di torte ad agosto, dei crisantemi a novembre, degli oggetti fatti a mano per Natale. Ognuno dona il suo tempo e il suo denaro senza vincoli, per quel che può.

Cos’è che ti motiva ancora, dopo tanti anni?

Vedere che c’è qualcun altro che ci crede insieme a me: gli altri Gruppi ISP, i volontari, lo staff. Quando vado alle assemblee dell’Associazione mi ricarico, sono proprio momenti perfetti per assorbire nuovo entusiasmo.

Se ti chiediamo tre parole per Insieme si può?

Costruzione, mondo, migliore: questa è la direzione da seguire, ognuno per quel che può come dicevo poco fa, ma tutti dobbiamo cercare di fare la nostra parte.

A proposito di fare la propria parte: torniamo qualche anno indietro, a novembre 2016…

A San Gregorio era stato preannunciato l’arrivo di una ventina di ragazzi richiedenti asilo in un albergo del paese, nell’ambito del sistema di accoglienza diffusa attuato dal Governo. Non facile, soprattutto per una realtà piccola come la nostra, inevitabilmente ci sono state delle resistenze. Accanto a queste, però, si è costituito un insieme spontaneo di persone del paese che ha cercato di costruire un po’ di accoglienza, per evitare la “ghettizzazione”.

Come ha agito questo gruppo, definitosi “Gruppo volontari accoglienza”?

Abbiamo organizzato una festa di benvenuto, in semplicità. Parlando francese, sono riuscita ad interagire fin da subito con questi 7 ragazzi giovanissimi, potevano veramente essere miei figli. I volontari sono stati fondamentali in questa situazione, accanto al lavoro strutturato della cooperativa che gestiva l’accoglienza: chi ha fatto un corso di italiano, chi la scuola di cucina, chi ha organizzato qualche cena per stare insieme, chi la tombola di Natale, la festa di fine Ramadan o le serate cinema.

Inevitabili, immaginiamo, i momenti di difficoltà.

Certo: l’ambiente nuovo, i tempi lunghi della burocrazia, il fatto di essere a migliaia di chilometri di distanza dalle famiglie… Quello che, come volontari, abbiamo cercato di fare è stato di sostenerli moralmente, di creare dei momenti di incontro con altre persone, di svago, per non farli sentire esclusi dal contesto.

Sono passati quasi 5 anni da allora.

È cambiato il sistema governativo dell’accoglienza, si sono avvicendati diversi bòce (“ragazzi” in dialetto bellunese) da vari Paesi, mi ricordo tutti i loro nomi: ognuno ha una storia peculiare, con tutte le specificità e le difficoltà di cui dicevamo prima. Non ho avuto dubbi nell’ospitare a casa mia alcuni di loro che avevano bisogno di un punto di appoggio una volta usciti dal sistema di accoglienza, in attesa di iniziare un corso di formazione, di trovare un lavoro o un’abitazione in affitto, e la mia famiglia è stata al mio fianco in quest’esperienza.

Ed oggi?

Ogni ragazzo ha preso la sua strada, ma con il gruppo di volontari cerchiamo di stare in contatto per un saluto, un consiglio, e se serve anche per qualche azione concreta. La base di tutto è il rispetto reciproco, se c’è ed è reale diversi ostacoli si superano: tengo sempre bene a mente la frase “fai agli altri quello che vuoi sia fatto a te”.

Per tornare ad ISP, cosa ti auguri per il futuro dell’Associazione?

Entusiasmo, coraggio, e di continuare a seminare perché più persone possibili capiscano quali obiettivi stiamo perseguendo, mettendo inevitabilmente in conto anche gli ostacoli ma affrontando sempre tutto con un cuore grande.

Cosa significa, per te, essere Insieme si può?

Camminare insieme agli altri; non aver paura di mettersi in gioco; smussare il proprio ego; i piccoli gesti verso gli altri, un sorriso, un abbraccio, una parola; fare quello che è nelle proprie possibilità per costruire un mondo migliore.