Il mio Natale 1984

Era il 1984. Stavo facendo servizio civile con il Comune di Belluno, che si era interessato presso il Ministero per farsi assegnare un obiettore di coscienza residente nelle vicinanze, dato che non aveva la possibilità di offrire vitto e alloggio.
Il mio impiego fu pianificato per integrare il servizio domiciliare agli anziani, e mi trovai nel corso di quei mesi a fare un po’ di tutto, in collaborazione con l’assistente sociale e gli operatori che si recavano presso le abitazioni. Forte del mio diploma in edilizia, feci anche delle perizie con tanto di proposte e preventivi di spesa per migliorare la condizione di alcune case. All’epoca, infatti, molti anziani vivevano ancora in dimore fatiscenti e malsane, oggi disabitate o addirittura scomparse. Fu un’esperienza che umanamente mi arricchì molto.

Agli inizi di dicembre del 1984, mi venne chiesto se potevo occuparmi di un’attività che solitamente il Comune organizzava per Natale: il confezionamento e la consegna di pacchi dono per i bambini poveri di Belluno. Più di un centinaio. La mia sorpresa fu molta. Mi chiesi: “Bambini poveri? Ci sono bambini poveri a Belluno? Non può essere! I bambini poveri sono in Africa, in Asia, in Brasile… Come possono essere in mezzo a noi?”.
Non mi ero infatti stupito di trovare alcuni anziani indigenti abitare in vecchie abitazioni, mi pareva una normale, benché triste, eredità di un passato difficile che si stava tentando di superare. Ma nuove famiglie di poveri, con bambini poveri, io non ne avevo mai conosciute. Si tenga presente che all’epoca non c’erano nemmeno tanti immigrati, che oggi costituiscono parte delle famiglie in difficoltà. Nella mia esperienza tutti avevano un lavoro, non potevo dire di conoscere un vero povero.

Con l’aiuto di un dipendente mi misi comunque all’opera per confezionare i pacchi, che consistevano essenzialmente in cibo e materiale scolastico. Poi, con la vecchia 126 blu dei servizi sociali di cui potevo disporre, cominciai la distribuzione presso gli indirizzi che mi erano stati indicati: la lista delle famiglie povere del Comune di Belluno nel 1984 comprendeva più di 100 indirizzi. Inizialmente ero curioso di vedere cosa avrei effettivamente trovato, ancora scettico di quella situazione.
Ma già dalle prime consegne fu per me un vero pugno nello stomaco. Trovai situazioni davvero difficili, famiglie in profonda difficoltà, abitazioni in qualche caso peggiori di quelle per cui avevo fatto i famosi preventivi tempo prima. Gli occhi dei bambini, ma anche quelli dei loro genitori, esprimevano sincera gioia e gratitudine per quel dono che giungeva loro. Mi resi conto così della presenza dei poveri in mezzo a noi, e all’epoca non credo ci fossero molte strutture o associazioni a pensare a loro, tranne in qualche caso i Comuni oppure le Parrocchie.

Un anno prima però era nato il primo gruppo “Insieme si può…”, e nel 1985 nasceva anche a Limana. Da subito abbiamo tutti imparato la necessità di avere occhi buoni per “guardare vicino e anche lontano”. Quindi il farsi carico delle grande diseguaglianze, ingiustizie e sofferenze del mondo, ma anche di quelle attorno a noi. Quel Natale del 1984, tra i più belli che io ricordi, mi ha aperto gli occhi su una realtà a volte sommersa ma presente, che oggi come oggi è in continuo aumento, come testimoniato anche dal crescente impegno di “Insieme si può…” sulle povertà locali.

Una problematica che sta aumentando a causa della pandemia: il virus infatti, con tutte le sue conseguenze, sta sì creando nuovi problemi, ma sta anche accelerando ed aggravando il corso degli esistenti. Tra questi quello del vero “distanziamento sociale”, cioè la differenza tra ricchi e poveri nel pianeta ma anche all’interno delle nostre comunità. Per questo motivo vogliamo pensare ad un Natale di solidarietà con i poveri, senza guardare provenienza, colore della pelle, religione. Un Natale che li riporti al centro del nostro agire, così come mi è accaduto in quel lontano 1984.

Giorgio Roncada
Responsabile Gruppo ISP Limana