Questi giorni dell’Afghanistan. La resa, la speranza

L’arrivo dei Talebani a Kabul il 15 di agosto, e la rinascita dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, non ha determinato solo la fine del governo corrotto di Ghani. Sembrano svanire così anche la speranza, i diritti delle donne, delle minoranze etniche e dei difensori dei diritti umani, i sogni di vedere un Afghanistan libero (da pressioni esterne e oppressioni interne) e realmente democratico. Speranza e sogni che vengono rapidamente rimpiazzati dalla paura e dallo sgomento. Lo testimoniano le immagini delle folle in fuga dalla capitale afghana accalcate nelle piste degli aeroporti pur di poter lasciare il Paese, le foto delle pubblicità di abbigliamento in cui vengono rimossi i volti femminili e quelle delle bandiere talebane che sventolano nelle vie delle principali città del Paese. Paese già in gravi difficoltà anche pima del ritorno talebano, con all’incirca metà della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà e 12.5 milioni di persone che già ora versano in condizioni di grave insicurezza alimentare (come riportato dal World Food Programme). Inoltre, il 57% della popolazione è analfabeta, con circa 3.7 milioni di bambini che non frequentano la scuola – di cui l’85% di sesso femminile. A peggiorare la situazione, ordigni inesplosi disseminati per tutto il paese feriscono gravemente più di 10.000 persone all’anno (come riportato da Thoreau Redcrow).

Scrive il giornalista Nico Piro, esperto di Afghanistan e conflitti, che bene ha conosciuto da dentro la realtà e raccontato contraddizioni e orrori di questi anni, ma anche della speranza e dei miracoli nati dall’impegno delle nostre amiche attiviste: “I talebani rivogliono l’emirato come negli anni 90 ma non faranno gli errori dell’epoca quando vennero riconosciuti solo da tre Stati. In questi anni non sono cambiati ma hanno imparato a comunicare e a fare diplomazia.” Anche grazie alla fuga del governo di Ghani, i Talebani hanno preso Kabul senza difficoltà. Non mancano, però, le decine di feriti da arma da fuoco ad affollare gli ospedali e le strade della capitale, così come i campi profughi improvvisati in cui affluiscono un numero sempre maggiore di sfollati interni (anche detti IDPs, Internally Displaced Persons) provenienti da tutto il Paese: sono ormai decine di migliaia di persone in gravi condizioni igieniche e sanitarie, spesso privati anche dei più basici beni di prima necessità, privi di tutto.
Ce lo raccontano le responsabili dei nostri progetti, voci libere e coraggiose, che non hanno abbandonato mai la loro gente e, ancora una volta a loro rischio, rimangono nel Paese. Con grande difficoltà siamo in contatto anche in questi giorni con loro e per le quali siamo in enorme apprensione.
Riflette così Nico Piro: “Riusciranno ad evitare una guerra civile? In Afghanistan tutto è possibile, niente è scritto e i trionfi di oggi diventano i disastri di domani. Aspettiamo, vediamo senza dimenticare però che nel “risiko” delle ultime settimane sono morti un numero non calcolato di civili, che ci sono migliaia di feriti e centinaia di migliaia di sfollati, che le rese dei conti sono già cominciate. in Afghanistan tutto è possibile, niente è scritto tranne che le vittime sono sempre le stesse e sono sempre dimenticate da tutti”.
Noi di “Insieme si può…” non vogliamo dimenticarle, né lasciarle sole, oggi più che mai. Non vogliamo arrenderci alla fine della speranza, dei diritti e dei sogni per un Afghanistan in cui la dignità di ogni vita viene rispettata. Oggi più che mai vogliamo dare il nostro sostegno e contributo all’impegno delle organizzazioni locali, con cui da quasi 20 anni collaboriamo per costruire un Afghanistan in cui diritti e dignità umani sono protetti e incoraggiati…Organizzazioni guidate da donne straordinarie, animate da uno spirito di grandissima dedizione, a proprio estremo rischio per il semplice sogno di un Paese laico in cui le bambine vadano a scuola, le donne possano lavorare, vi sia giustizia, si coesista in pace.
Attraverso queste organizzazioni, ci stiamo attivando ancora una volta per riuscire a raggiungere donne, bambini e feriti nei campi per sfollati interni, con degli aiuti di emergenza. E vogliamo proprio ora sostenere con un aiuto speciale la sopravvivenza di queste stesse organizzazioni, di queste DONNE che sono un patrimonio per tutto il mondo che ha a cuore i diritti umani: sono state da sempre e continuano oggi ad essere una luce. Per non spegnere anche l’ultima speranza, per non arrendersi all’orrore.

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