#igiene: São Paulo, Brasile

Storie dell’altro mondo

 

Qui a São Paulo e nel Brasile l’epidemia è arrivata dopo l’Italia, la Spagna ed altri Paesi, per cui in parte le autorità si sono potute preparare guardando alle azioni messe in campo da chi aveva affrontato l’esperienza in precedenza, anche se con diverse difficoltà.

In città sono stati costruiti tre ospedali da campo dedicati solo ai malati di Coronavirus, e il clima più caldo di questi mesi qui da noi forse aiuta, anche se stiamo andando verso il freddo e siamo preoccupati. In tutto il Brasile ci sono quasi 8.000 morti, di cui quasi 3.000 qui in città, ma non abbiamo tanta fiducia nei numeri ufficiali perché sembra che la situazione sia molto più grave.

Questa situazione non ci voleva. In Brasile stavamo vivendo una crisi economica già prima della pandemia, a cui si è sommata quest’emergenza sanitaria e poi ancora una crisi politica, perché a metà aprile il Presidente ha deciso di licenziare il Ministro della Sanità, e questo ha aggravato tutto.

Il primo contagio qui a São Paulo è avvenuto in centro città, dove abitano le persone più ricche in case molto belle, sembra da un turista che era stato in Italia. Lui però si è rivolto subito all’ospedale “Albert Einstein”, una struttura privata considerata la migliore del Brasile e tra i centri di eccellenza dell’America Latina, dove ha ricevuto tutte le cure necessarie. Il problema è che adesso la diffusione si è spostata verso la periferia della città, dove la popolazione (São Paulo ha più di 12 milioni di abitanti) è molto concentrata e spesso abita nelle favelas e nei cortiços, vecchi stabili abbandonati in cui trovano rifugio numerose persone in stanze minuscole, senza finestre e in situazioni igienico-sanitarie disperate, con un bagno per 20-30 famiglie. Qui le cure garantite dagli ospedali sono di scarsa qualità, ma il contagio va molto più veloce per il sovraffollamento degli spazi, l’impossibilità di stare distanziati, di lavarsi e disinfettarsi regolarmente e di arieggiare i locali.

A morire sono i poveri: le loro case sono fatiscenti, non possono uscire per cercare lavoro, se stanno male non hanno soldi per curarsi, il loro corpo è debole perché mangiano poco e male, l’igiene è scarsa. Cerchiamo di andare dalle famiglie con dei pacchi contenenti cibo e materiale sanitario, per assisterli con quel che possiamo. Vediamo genitori che si privano del mangiare per darlo ai figli, che la mattina si svegliano e non sanno cosa mettere in tavola durante la giornata. Ancora una volta la diseguaglianza sociale qui in Brasile uccide e ucciderà, e le vittime sono e saranno i più poveri.

 

di Filipe Khatchadourian, Referente progetti ISP São Paulo (Brasile)