Un sostegno a “misura” di famiglia

Fabio, Patrizia, Mattia, Paolo e Andrea: tutta la famiglia Tatonetti, dai più grandi ai più piccoli, è impegnata nel progetto di Sostegno a Distanza di ISP, per garantire ai bambini meno fortunati cibo, acqua pulita, cure mediche, accesso all’istruzione. Un impegno nato quasi per caso, cresciuto nel tempo e rafforzatosi grazie ai viaggi in Tanzania e in Uganda, poi trasmesso ai 3 piccoli di casa, che non si tirano indietro quando c’è da sostenere i loro coetanei nel mondo.

 

Presentatevi brevemente.
Fabio, 54 anni, insegnante e Patrizia, impiegata, senza dire l’età! Abbiamo tre figli: Mattia, il più grande, di 9 anni, e i gemelli Paolo e Andrea di 7 anni.

Come vi definireste in tre parole?
Ci vengono in mente amore, energia e dinamismo.

Come definireste ISP in tre parole?
Amore, energia, aiuto, solidarietà, vita e… Non bastano tre parole!

Come avete conosciuto il Sostegno a Distanza di ISP?
In realtà casualmente, perché io (Fabio) un fine settimana di ormai diversi anni fa per la concomitanza di vari impegni sono andato a messa a Cavarzano, che non è la mia parrocchia, perché era l’unico orario che si incastrava con quello che dovevo fare. Lì ho trovato l’opuscolo del SAD di Insieme si può, mi ha incuriosito e l’ho portato a casa, parlandone con mia moglie.

E come siete entrati in contatto con l’Associazione?
Quando abbiamo deciso di fare il primo Sostegno a Distanza, nel 2008. Volevamo fare qualcosa che fosse “a misura” e verificabile, non su grande dimensione, e abbiamo voluto “mettere alla prova” Insieme si può. La prima bambina che abbiamo sostenuto è stata Judila (è la bambina della foto in questa pagina, ndr), di Morogoro, in Tanzania: nel 2009 abbiamo anche fatto un viaggio in Tanzania e l’abbiamo conosciuta, un’emozione grandissima! In quel viaggio era con noi anche Rossana del Gruppo ISP Mafalda, Gruppo che ci ha accolto subito in maniera molto positiva. Rossana ci ha accompagnato a Morogoro, realtà che segue in prima persona, e abbiamo potuto partecipare alle attività della casa di accoglienza. Quel viaggio ci ha fatto vedere con i nostri occhi e toccare con mano la vera essenza e l’efficacia del Sostegno a Distanza, e ci ha convinto ancora di più ad andare avanti con questo progetto.

Cos’ha fatto veramente scoccare la “scintilla” dell’impegno concreto?
La “scintilla” si è accesa sempre durante quel viaggio: ogni giorno avevamo a disposizione una bacinella con pochi litri di acqua e doveva bastare per tutto, per lavarsi, lavare i vestiti… Lì abbiamo capito davvero quante fortune avevamo, e questo ci ha reso consapevoli che basta veramente poco, basta rinunciare a quello che per noi quasi sempre è il superfluo, per aiutare un bambino a cui invece spesso mancano le cose fondamentali come il cibo, l’acqua pulita, le medicine o la possibilità di andare a scuola.

Qual è la “benzina” che ha tenuto vivo l’impegno?
Sicuramente il viaggio fatto 2 anni dopo con Piergiorgio in Uganda, è stato molto formativo perché abbiamo visitato i tanti progetti che ISP ha in quel Paese, vedendone la varietà e l’impatto. Speriamo presto di poter fare un viaggio con i nostri tre figli, per far maturare anche in loro quella consapevolezza che si è generata in noi.

Cos’è per voi il Sostegno a Distanza?
Un modo per aiutare direttamente il prossimo e porre insieme le basi per un futuro di dignità e autonomia.

Perché lo fate? Perché sostenete a distanza?
C’è uno slogan bellissimo che usa spesso Piergiorgio: “Chi salva un bambino salva il mondo intero”. Se noi possiamo fare qualcosa per far crescere anche solo un bambino meno fortunato in un mondo migliore… Beh, va fatto! Poi, quasi “egoisticamente”, diciamo che il Sostegno a Distanza serve anche a noi stessi: per ricordarci ogni giorno di apprezzare quello che abbiamo e che nulla è scontato, e quindi ci aiuta anche a dare un senso alla nostra esistenza.

Chi state sostenendo in questo momento?
Doreen in Tanzania, Livia Vitòria in Brasile, Valerie in Madagascar, Bena-Rita in Uganda, Pleng in Thailandia, Minh Thi in Vietnam, Vaniele in Brasile: ognuno di loro è legato a un evento positivo o negativo che ha toccato la nostra famiglia, come la nascita dei nostri figli, ma anche la scomparsa di persone care… In questo modo, veder crescere la bambina o il bambino che sosteniamo è anche un modo per ricordare nel tempo quella gioia o non dimenticare quella persona.

Cosa sognate per il futuro dei vostri figli e dei bambini che sostenete a distanza?
Per tutti felicità! Poi, per i nostri figli che crescano con la consapevolezza di essere partiti con delle fortune che molti bambini del mondo non hanno, e che possano anche loro impegnarsi in prima persona per gli altri. Per i bambini che sosteniamo a distanza, che portino in futuro il proprio mattoncino per la comunità in cui vivono, per contribuire a renderla un posto migliore, in qualsiasi parte del mondo essi siano.

E per il futuro di Insieme si può?
Ci auguriamo che sia un futuro lungo, e che l’Associazione rimanga quello che è adesso, legata alle singole persone e con una dimensione umana, dove ognuno è qualcuno. Ma anche che si diffonda in maniera sempre più capillare nelle singole comunità bellunesi e non, oltre che nei vari contesti e presso le varie istanze della società.

Per concludere, cosa significa per voi essere ISP?
Paolo: Per me è essere felici.
Mattia: Portare avanti l’impegno.
Andrea: Aiutare i bambini dell’Africa.
Fabio: Essere portatori di tematiche ben precise nelle diverse realtà quotidiane in cui viviamo, e questo deve essere motivo di orgoglio.
Patrizia: Essere uno di quei mattoncini che compongono il logo dell’Associazione, non importa di che dimensione, ma più siamo più tutti insieme faremo qualcosa di grande.