Nell’impegno ufficiale non si perde il cuore

Giusy Casagrande in memoria del marito Mario Fontana, Alessandro Burigo, Maurizio Facchin, Luigi Da Corte: dopo le parole nel numero scorso dell’attuale presidente Daniele De Dea e dato il tema di questo mese, abbiamo pensato a un’intervista “quadrupla” agli ex presidenti di ISP, volontari che a un certo punto hanno formalizzato il loro impegno, senza mai far mancare, nelle inevitabili difficoltà del ruolo e ognuno con le proprie peculiarità, la dedizione e la passione.

 

Presentati brevemente.

Giusy: Quello che porto è un ricordo di Mario Fontana, mio marito ed ex presidente di ISP, scomparso nel 2011. Tutto è iniziato nel 1989 con il primo viaggio in Tanzania con un’associazione di Trento, per costruire una centrale elettrica: Mario lavorava a questo progetto, mentre io davo una mano alle suore della missione per quel che serviva.

Alessandro: Sono pensionato, da sempre impegnato in diverse associazioni di volontariato e da 35 anni con ISP, sono anche il responsabile del Gruppo di Sedico.

Maurizio: Ho 55 anni, vivo in Alpago, sono sposato, ho una figlia di 22 anni e sono volontario di ISP da 20 anni.

Luigi: Ho iniziato come insegnante di musica e poi dai 28 anni ho fatto il sindacalista fino a 2 anni fa, quando sono andato in pensione; da sempre, e tutt’oggi, sono impegnato in varie realtà di volontariato sociale locale.


Come hai conosciuto ISP?

G. Siamo stati coinvolti da Piergiorgio, che aveva saputo del nostro viaggio, a raccontare l’esperienza ai Gruppi ISP che stavano pian piano nascendo in Provincia. A nostra volta abbiamo pensato che poteva avere più senso impegnarci con un’associazione bellunese.

A. Conoscendo Piergiorgio, dato che siamo compaesani, fin dall’inizio quando era con don Vittorione: mi ricordo che per una delle prime iniziative avevamo raccolto 150 quintali di riso a casa mia da mandare ad Africa Mission. Il Gruppo di Sedico è stato uno dei primi Gruppi a nascere, ho visto tutta l’evoluzione di ISP.

M. Ho conosciuto “Insieme si può…” 20 anni fa perché volevo fare un Sostegno a Distanza.

L. Da mia moglie, che era direttamente coinvolta con l’Associazione in Cadore. Abbiamo cominciato con un Sostegno a Distanza, poi pian piano ci siamo coinvolti sempre di più.


Cosa ha fatto scoccare la “scintilla” dell’impegno concreto?

G. Durante il viaggio in Tanzania, quando ho aiutato la mamma di due gemelli a partorire e ho visto che nei giorni successivi ne allattava solo uno perché non aveva abbastanza latte, segnando tristemente il destino dell’altro: dopo aver pianto tantissimo – io ero già mamma, quindi avevo consapevolezza della situazione – mi sono ripromessa che mi sarei data da fare perché una cosa del genere non succedesse più.

A. L’entusiasmo nel poter aiutare gli altri.

M. La “scintilla” è scoccata proprio quando io e mia moglie siamo riusciti a sostenere a distanza un bambino.

L. Il viaggio in Uganda che ho fatto con Piergiorgio nel 2013: è scattato qualcosa in più vedendo i progetti in loco, in particolare quelli legati ai bambini e alle scuole.


Qual è la “benzina” che nel tempo ha tenuto vivo e fatto proseguire quest’impegno?

G. Vedere con i miei occhi i progetti che ISP stava realizzando e che le cose piano piano potevano essere cambiate, sapendo che per farlo ci vogliono tempo e impegno costante, i famosi “365 giorni” e forse anche di più…

A. La formazione continua e gli incontri di sensibilizzazione sui temi propri di ISP, le disuguaglianze, l’accesso ai diritti, la sostenibilità, che da sempre sono una delle attività fondanti dell’Associazione.

M. Tutti i viaggi che insieme a mia moglie abbiamo fatto in Brasile, per monitorare i progetti e portare aiuti.

L. In Uganda ho potuto realizzare quanto si possano cambiare le cose anche con poco, e questo mi ha motivato molto; poi nel 2015 Piergiorgio mi ha chiesto di entrare nel Coordinamento di ISP.


Cos’ha significato per te ricoprire il ruolo di presidente e quindi dare un seguito “formale” quest’impegno?

G. Posso raccontare quello che diceva Mario: dopo quel viaggio in Tanzania aveva deciso di dedicare tutto il suo tempo a chi aveva più bisogno, ed era fermamente convinto che le cose andassero fatte insieme, queste sono le fondamenta su cui ha basato i suoi anni come presidente. Io non ho mai fatto un’osservazione su nessuna sua decisione per ISP, sapevo cosa lo muoveva.

A. È un impegno di cui sono stato incaricato dopo la scomparsa di Mario Fontana, cercando di mettere l’esperienza degli anni da volontario in questo ruolo “ufficiale”.

M. È stato un onore, un grande impegno perché cambia la prospettiva del volontario, diventa anche un impegno giuridico e non sempre è semplice farlo, ma è stata una bellissima esperienza per me.

L. Per me ha significato mettere ISP al primo posto (ovviamente dopo famiglia e lavoro), è diventata una priorità.


Cosa significa per te la parola “impegno”?

G. Per Mario era l’essere chiamati in prima persona, come se fosse per la sua famiglia. Venendo da un piccolo paese di montagna, non dimenticava la solidarietà propria di quei luoghi, dove ciascuno è parte integrante della comunità e dove tutti sono interpellati a fare la propria parte.

A. La sensibilità nel capire l’altro, soprattutto chi ha più bisogno, e il fare qualcosa per cambiare le cose, soprattutto se lo si può fare perché si è nati in una parte fortunata del mondo.

M. Significa gioia di poter fare qualcosa di importante per gli altri.

L. Essere puntuale a rispondere a un incarico che ci si è presi, è coerenza tra il dire e il fare, altrimenti per me è meglio non assumersi neanche l’onere.


Cosa ti auguri per il futuro di Insieme si può?

G. L’augurio è che ISP non esista più, penso si capisca il perché.

A. Direi che continui così.

M. Di poter crescere e continui a sviluppare nuovi progetti per migliorare sempre di più la situazione di questo mondo.

L. Il mio augurio è che ISP possa sempre avere tra i volontari e nei ruoli decisionali persone impegnate, coerenti, che sappiano leggere il presente, guardare al futuro con apertura mentale e visione prospettica e agire nell’interesse dell’Associazione.


Per concludere, cosa significa per te “essere ISP”?

G. Far parte di una grande famiglia, dove tutti condividono gli obiettivi e le motivazioni nell’impegno verso gli altri.

A. Avere la capacità di mettere insieme tante persone attorno a dei temi forti e condivisi e avere la vocazione nel portare avanti questo impegno con continuità.

M. Lavorare insieme, condividere e crescere insieme.

L. Avere un atteggiamento di dialogo e attenzione verso gli altri, ovunque essi siano; essere disponibili nei confronti delle persone e capirne i bisogni, in un rapporto paritario e costruttivo.