L’impegno di ciascuno e l’impegno insieme

Intervistiamo Daniele Giaffredo, volontario, membro dello staff di ISP e dal 2019 direttore dell’Associazione. L’impegno alla sensibilizzazione, a denunciare le grandi ingiustizie del mondo e il “reato” commesso da chi ne resta indifferente o demotiva gli altri è il primo modo per costruire un mondo migliore. Impossibile? Assolutamente no, è un impegno che può essere portato avanti da ciascuno di noi, scegliendo la propria misura, con coraggio e perseveranza.

Presentati brevemente.
Sono Daniele Giaffredo, sono prima di tutto un volontario e poi anche il direttore dell’Associazione Gruppi “Insieme si può…”: uno che crede nel cambiare il mondo in piccoli passi, insieme.

Come ti definiresti in tre parole?
Sognatore, inarrendevole, tortuoso.

Come definiresti ISP in tre parole?
Una luce, una potenza, un rifugio.

Come hai conosciuto ISP?
Oltre vent’anni fa ho fatto delle esperienze di volontariato estivo prima in Brasile e poi in Argentina, e i missionari presso cui sono stato – che facevano dei progetti con ISP – mi chiedevano di salutare e di ringraziare tanto al rientro gli amici dell’Associazione. Mi sono incuriosito nel capire cosa fosse: incredibilmente, pur essendo di Belluno ed essendo molto motivato e sensibile ai temi della cooperazione internazionale, ancora non la conoscevo. Un giorno ho fatto un incontro in una scuola dell’infanzia per raccontare l’esperienza in Argentina e lì ho conosciuto per la prima volta Edy Battiston nella sua veste di formatrice: quel giorno insieme abbiamo raccontato di un progetto che quella scuola aveva sostenuto e che io avevo visto con i miei occhi.

Cos’ha fatto veramente scoccare la “scintilla” dell’impegno concreto?
La scintilla è sempre qualcuno che ti avvicina ad un tema o a un impegno, che ti racconta qualche cosa che ti scava dentro una strada nuova. Questa strada a me l’hanno scavata innanzitutto la mia famiglia e poi dei missionari che ho conosciuto quando ero bambino. In età adolescenziale ho capito il valore di cosa stavano facendo e quella scintilla poi si è ripresentata nella vita ogni volta che ho incontrato delle persone che mi hanno raccontato qualcosa “che mi suonava dentro”.

Qual è la “benzina” che nel tempo ha tenuto vivo quell’impegno?
La benzina per me sono i piccoli Colibrì, sono i bambini Ambasciatori dell’Acqua, sono i ragazzi del gruppo Stand Up, sono le ragazzine delle scuole di qui che si impegnano per le loro coetanee in Afghanistan… Sono le nuove generazioni, che quando incontrano virtualmente o anche di persona l’impegno per un mondo migliore decidono di impegnarsi a loro volta e cambiare la propria vita. Per me questa è una motivazione continua, soprattutto a continuare a raccontare queste cose, perché mi rendo conto che sono scintille che accendono sempre nuove “scintille”.

Nel concreto, cosa significa per ISP “denunciare”?
Al primo posto dell’impegno di ISP sappiamo che non ci sono i progetti e le realizzazioni concrete, ma c’è l’impegno a sensibilizzare, per far sì che altre persone come noi in prima istanza possano conoscere la vita, la sofferenza e le ingiustizie che riguardano miliardi di uomini e donne vicini e lontani, e che possano poi decidere di fare qualcosa. Prima dell’azione concreta, quindi, c’è sempre il racconto, la denuncia delle ingiustizie: come ISP cerchiamo di portare avanti questo impegno ogni giorno, per 365 giorni all’anno, cercando sempre nuove formule efficaci per tenere viva la motivazione di ciascuno a fare qualcosa per un mondo migliore.

Come sono evolute nel tempo queste formule, queste modalità di denuncia di ISP?
Storicamente abbiamo sempre denunciato il “reato di indifferenza” verso le grandi diseguaglianze tra Nord e Sud del mondo, provocazione lanciata sia alle singole persone che alle istituzioni. È da sempre stato l’impegno di Piergiorgio stesso, dei nostri missionari e referenti di progetti nel mondo, dei membri dei Gruppi, e dei volontari quello di esporsi in prima persona nel raccontare queste tematiche e “denunciare” chi poteva fare qualcosa e non lo stava facendo. Poi, per tradurre gli stimoli in azioni, negli anni sono stati organizzati eventi, anche di grandi dimensioni, per aggregare quanta più gente possibile attorno a una riflessione comune ma anche a un impegno concreto comune: minimo comune denominatore di questi 40 anni è comunque sempre stato il nostro sentire profondamente queste tematiche, farle “visceralmente” nostre: questo interpella le persone, perché capiscono che è un coinvolgimento vero.

Quale può essere l’impegno di ciascuno?
Un impegno che è a misura di tutti è combattere un altro “reato” che personalmente ritengo insopportabile: il “reato di demotivazione”, che compiono coloro i quali non solo non fanno nulla, ma dissuadono gli altri dall’indignarsi e dall’attivarsi, dicendo che non cambierà mai nulla. Invece dobbiamo amplificare i messaggi, i riscontri che ci arrivano dai progetti, prove concrete che ci dimostrano che le cose invece possono cambiare fin da subito e giorno dopo giorno, un passo alla volta: così ognuno di noi diventerà agente di cambiamento.

E nel concreto?
Concretamente ognuno di noi può scegliere la formula con cui fare tutto questo, a propria misura: salvarsi delle frasi, dei dati e poi trovare il modo per raccontarli; diffondere articoli o approfondimenti presi da fonti certe; oppure venire qui in ufficio e dire che c’è un’emergenza comunicativa su un particolare tema, e insieme costruiamo uno spazio – non necessariamente di grandi dimensioni – per approfondirlo.

Cosa sogni per il futuro dell’Associazione?
Per il futuro di “Insieme si può…” sogno una conversione mia e di tutti quanti nel dire che il primo mondo che deve cambiare è il Primo mondo, quindi che il vero cambiamento che deve avvenire deve accadere qui, in tutti noi: un cambiamento nei singoli, nei gruppi, nella vita assieme, e deve avvenire al più presto, nel nostro stile di vita. In questo anche io mi auto-denuncio perché faccio ancora troppo poco. Anche come ISP possiamo fare ancora tanto di più per questo cambiamento di stile di vita, che è urgente per un motivo di giustizia sociale, per il futuro del pianeta ma anche per noi stessi: solo liberandoci dalla schiavitù dell’avere possiamo coltivare la meraviglia dell’essere.

Per concludere, cosa significa per te essere ISP?
Credo che stia tutto nel saper dire dei sì e dei no: sapere dire dei no alle ingiustizie, all’indifferenza, alle diseguaglianze, e saper dire dei sì all’impegno, allo stare insieme, all’unirsi piuttosto che al dividersi, saper dire di sì al sogno – che molti definiscono come retorico e campato in aria – di costruire un mondo più giusto e migliore. Dov’è il punto però di tutto questo? Sta nel coraggio e nella perseveranza che ogni giorno bisogna mettere in campo, perché ci sono sempre momenti difficili, di demotivazione, ma è proprio nella natura di ISP l’antidoto: nel momento in cui io tiro indietro o sono più incerto, ho qualcuno che tira avanti e viceversa: questa è “Insieme si può…”.