“Ci sono, so, e non posso non impegnarmi”

Intervista a Rita Battiston, prima dipendente dell’ufficio di ISP, che dal 1° maggio ha raggiunto la meritata pensione. Ovviamente formale, perché l’impegno come volontaria non si ferma, animato ancora da quella motivazione che nel 1983 l’ha avvicinata alla neonata Associazione e l’ha coinvolta in un lungo viaggio. Il Gruppo di Cusighe, l’importanza della comunità, il rapporto viscerale con ISP, i tanti sogni, e una convinzione: ciascuno, sempre, può fare la propria parte.


Presentati brevemente.
Ho 56 anni, pensionata da poco e volontaria di ISP dal 1984. Sono sposata e ho 3 figli, da 2 di loro deriva il mio nome ugandese “nalongo”, che significa “mamma di gemelli”.

Come ti definiresti in 3 parole?
Testarda e caparbia, il primo con accezione negativa e il secondo con significato positivo; e poi sognatrice.

Come definiresti ISP in 3 parole?
Una grande famiglia; un luogo di opportunità, dove riuscire a realizzare delle cose belle che da sola non potrei mai realizzare; e poi ISP per me è concretezza.

Come sei entrata in contatto con ISP?
Nel 1983, a San Marco di Auronzo durante la Pentecoste dei giovani. In quell’occasione ho conosciuto Piergiorgio, ho ascoltato le sue testimonianze sulle esperienze in Africa e ho comprato il suo primo diario di viaggio. Da maggio 1983 ho iniziato a concretizzare la proposta di Piergiorgio di “far entrare i poveri nel proprio bilancio familiare”, mettendo da parte ogni mese l’1% del mio stipendio. Dopo un anno l’ho chiamato perché volevo consegnargli i soldi, e lui mi ha proposto di fondare un Gruppo ISP a Cusighe, così da coinvolgere anche altre persone, cosa che è accaduta nel 1984 e che continua ancora oggi.

In particolare, cos’ha fatto scoccare la “scintilla”?
Mi hanno colpito i temi della realtà, concreti, e la testimonianza di chi aveva visto questi contesti con i propri occhi. Questo ha incontrato la mia formazione cattolica e una forte motivazione, mi è sembrato un modo adeguato per me per declinare la carità.

Qual è stata la “benzina” che nel tempo ha alimentato il tuo impegno con l’Associazione?
Per me è una cosa quasi viscerale, ISP è parte del mio DNA: ho sempre sentito alcuni temi in maniera profonda, in particolare quello dell’ingiustizia, e ho sempre sentito anche di non poter stare ferma a guardare. La motivazione, poi, è da sempre stata alimentata dalla partecipazione al Gruppo ISP di Cusighe, dallo stare bene insieme, dalla condivisione di iniziative, di successi e anche di qualche insuccesso. E poi dai viaggi, che in realtà ho iniziato a fare un po’ più tardi (il primo nel 2005 in Brasile): andando a vedere in prima persona alcuni contesti mi sono detta una volta di più che dovevo fare qualcosa.

Qual è il tuo impegno attuale con l’Associazione?
Diciamo che è cambiato di recente! Dal 2001 ho iniziato a lavorare per l’ufficio, sono stata la prima dipendente di ISP, e dal 1° maggio 2022 sono in pensione. Continuerò comunque, come volontaria, a seguire alcune iniziative dell’Associazione, oltre ovviamente alle attività del Gruppo di Cusighe, come la “storica” Festa del Pesce.

In questo numero parliamo di comunità: cosa significa per te questa parola?
Un luogo dove le persone che vi abitano si conoscono, condividono azioni concrete, tempi, spazi, e proprio per questo si aiutano e si rendono attente ai bisogni degli altri componenti della comunità, ma anche ai bisogni della comunità allargata del mondo intero: ogni comunità deve aprire le proprie porte all’esterno, non chiudersi in sé stessa, e condividere alcuni principi fondamentali per il genere umano come l’uguaglianza e la fratellanza.

Come fare per “costruire comunità”?
Secondo me la parola chiave è “esserci”, sotto vari punti di vista: essere presenti umanamente, prossimi agli altri; essere punti di riferimento concreti, con la promozione di iniziative, non importa se piccole; ma contemporaneamente essere anche una coscienza critica, che continua a sensibilizzare su alcuni temi perché non vengano dimenticati.

Guardandolo dai tuoi tanti anni di impegno, secondo te quale è stato ed è il contributo di ISP nella costruzione della/delle comunità in cui è stato presente?
Secondo me qui in Italia, nei luoghi dove è presente, la chiave sta nel fatto che Insieme si può è un’associazione di Gruppi, perché ogni singolo Gruppo nasce e cresce sul suo territorio e quindi prende delle caratteristiche peculiari da esso, ma contemporaneamente si unisce e si mescola anche agli altri all’interno dell’Associazione, costruendo relazioni e collaborazioni: la festa dei Gruppi ISP che annualmente si fa in autunno è un bell’esempio di momento comunitario, di aggregazione, di condivisione di temi, di stimoli e di impegno.
Nel mondo, la crescita delle comunità dove abbiamo realizzato dei progetti è sempre stato uno dei punti di attenzione: basti pensare al SAD, che oltre all’accompagnamento del singolo bambino sostiene l’intera comunità dove egli vive, perché sappiamo che l’aiuto all’individuo serve a poco se il contesto dove abita non è adeguato; oppure alla costruzione di scuole, pozzi, casette, luoghi comunitari per definizione.

Cosa vuol dire per te “fare la propria parte”, uno dei cardini su cui si poggia l’Associazione?
Metterci la faccia e dare quello che si può, senza snaturarsi: tutto è “insieme si può”, nel senso che solo con il contributo di ognuno si possono raggiungere degli obiettivi. Ad esempio la pace: parte da ognuno di noi.

Visto che hai detto di essere una sognatrice, cosa sogni per il futuro di ISP?
Ho tanti sogni! Vorrei che molti giovani si avvicinassero e si innamorassero dei temi di Insieme si può come è successo a me, e che chi ne fa già parte potesse continuare per sempre, in base alle proprie possibilità, perché ognuno può sempre e comunque portare il proprio contributo alla causa. Poi sogno che l’Associazione continui a mantenere la dimensione umana che l’ha sempre caratterizzata e, infine… Sogno che ISP un giorno chiuda, perché vorrà dire che avrà raggiunto tutti gli obiettivi per cui è nata.

Cosa significa, secondo te, essere ISP?
Essere coerenti, provarci il più possibile, essere parte di una famiglia.

 

 

 

GRAZIE RITA!

Se hai una bella testolina, ma hai ancor di più il cuore grande.

Se ami la contabilità, ma c’è una cosa che non conti: le ore che dedichi a Insieme si può.

Se ti piacciono i numeri, ma ti piacciono molto di più i volti, le storie, i nomi, le persone.

Se sei caparbia, ma sei anche di manica larga e ti rimetti in gioco.

Se sei tutta d’un pezzo, ma ti emozioni puntualmente per le cose grandi della vita e del mondo.

Se hai le giornate piene zeppe, ma hai sempre tempo per ascoltare, accogliere, invitare, correre per qualcuno.

Se hai già due genitori, tre figli, due sorelle e un fratello, innumerevoli nipoti ed enne-mila amici… Ma non ti stanchi mai di abbracciare persone vicine e lontane per allargare orizzonti e aggiungere nuovi componenti alla tua famiglia del mondo e del cuore.

Se sei in pensione, ma sai già che non smetterai di progettare, di incontrare, di organizzare, di viaggiare, di arricchire, di camminare assieme a tutti noi.

Noi non abbiamo dubbi. Oggi, domani, domani l’altro sei la nostra Rita. Grazie, di tutto.

 

Da tutta, tutta, tutta l’Associazione Gruppi “Insieme si può…” onlus ONG