Amici e volontari, per gli altri

Intervista Alfredo Cenerelli, Rosina Viel e Adriana Sperandio raccontano la loro esperienza nel Gruppo di Borgo Valbelluna

Presentatevi brevemente.
Al. Mi chiamo Alfredo, ho quasi 56 anni, abito a Mel con mia moglie, anche lei parte del Gruppo, e mia figlia.
R. Mi chiamo Rosina, di Mel, pensionata. Ho trascorso 33 anni della mia vita all’estero. Mi definirei pignola e lavoratrice.
Ad. Sono Adriana, ho 59 anni, sono un’infermiera… Un po’ rompiscatole, vorrei che tutto andasse sempre come dico io.

Tre parole per descrivere il Gruppo ISP di Borgo Valbelluna.
Al: Rispondo io in qualità di responsabile del Gruppo: direi amicizia, perché è nato proprio da amici; condivisione, tra i nostri intenti c’è il coinvolgimento di più persone possibili; e sicuramente volontà, da lì parte tutto.

E tre parole per descrivere Insieme si può?
Al: Cuore, missione, e naturalmente impegno, perché anche dietro alle cose più scontate c’è un impegno enorme.

Come siete entrati in contatto con ISP? Cos’ha fatto scoccare la “scintilla”?
Al: Con mia moglie abbiamo seguito fin dall’inizio Piergiorgio nelle sue iniziative, avevamo anche diversi sostegni a distanza. Poi la frequentazione dell’ufficio di via Garibaldi ha rafforzato il legame con l’Associazione e un giorno ci siamo seduti con Piergiorgio, che ci ha raccontato dell’esperienza del Gruppo e ci ha chiesto: “Ma perché non aprite un gruppo a Mel?”. Era una cosa a cui non avevamo mai pensato e abbiamo detto: “Perché no? Ci proviamo”. Da lì è scoccata la vera e propria scintilla e siamo entrati nel mondo di ISP, che ci ha coinvolto veramente tantissimo.
Ad. Ho conosciuto Insieme si può a metà anni ’90, quando ancora era con il Centro Missionario Diocesano. Fin da piccola volevo fare l’ostetrica e andare a lavorare in Africa, e ho iniziato a “stressare” Piergiorgio per fare un viaggio. Non sono diventata ostetrica, ma ho fatto la mia prima esperienza, fantastica, di 2 mesi nelle Filippine, come infermiera in un ospedale dell’Opera Don Calabria: lì ho toccato con mano la povertà e quello che veniva fatto per sconfiggerla. Sono poi tornata nelle Filippine, ho conosciuto anche la bambina che sostenevo a distanza: siamo rimaste in contatto, ora è cresciuta, lavora, 4 anni fa è venuta anche qui a trovarmi con la sua famiglia.
R. Sono entrata quasi per scherzo, coinvolta da Adriana nel mercatino solidale: mi è subito piaciuto lo spirito, mi ha attirata e “ispirata”. Ho visto che le cose proseguivano bene e ho continuato ad impegnarmi.

Alfredo, com’è poi proseguita la storia del Gruppo?
All’inizio abbiamo pensato a chi coinvolgere e scritto dei nomi su un pezzo di carta. Abbiamo organizzato una serata, senza dire nulla, con una ventina di amici e gli abbiamo presentato la nostra idea.
Le risposte sono state diverse, ma con alcune adesioni siamo partiti. Poi un giorno abbiamo incontrato Adriana, che conoscevamo di vista e sapevamo aver già collaborato con ISP, e le abbiamo proposto di entrare nel Gruppo. Nel tempo poi i momenti sono stati diversi, entusiasmo, difficoltà, alcune persone sono entrate ed altre sono uscite, ma siamo riusciti a fare diverse iniziative e in tanti ci hanno seguito con grande affetto e amicizia. Due anni fa abbiamo deciso di unire i 3 gruppi di Trichiana, Mel e Lentiai per formare quello di Borgo Valbelluna: oltre alle varie iniziative si è aggiunto il mercatino in pianta stabile, che si è radicato sul territorio con le volontarie che si sono dedicate instancabilmente.

A tal proposito, Rosina, ci parli del mercatino solidale “Di mano in mano” di Mel?
Il mercatino è nato un paio di anni fa e si trova nel vecchio asilo di Mel in via Tempietto, nelle stanze concesse dal parroco. Viene aperto e gestito da noi volontari del Gruppo. Il principio è quello del non spreco, di dare una seconda vita alle cose e di rivalorizzarle, in un circolo virtuoso: quello che per qualcuno è superfluo può essere utile a qualcun altro. Nel mercatino c’è un po’ di tutto, abiti, casalinghi, giochi e oggetti per l’infanzia e tanto altro, e le eventuali offerte libere che vengono lasciate vengono completamente destinate ai progetti di Insieme si può: nel tempo abbiamo sostenuto i disabili in Madagascar, l’alfabetizzazione delle donne afghane, la perforazione di pozzi in Uganda ed ora ci stiamo impegnando per un progetto legato alla scuola e all’agricoltura sempre in Uganda.

Qual è lo spirito che anima il mercatino?
Lo definirei un “mercatino familiare”: è per tutti e c’è un po’ di tutto. Chiunque può entrare, per donare, per prendere, per fare due chiacchiere, è per tutta la comunità. Ovviamente abbiamo un’attenzione particolare per chi ha bisogno, collaboriamo con i servizi sociali che ci segnalano situazioni di difficoltà o bisogni speciali a cui cerchiamo di andare incontro. Ma la base è la dignità, di tutti: nel donare cose in buono stato, nel tenerle con cura, nel prendere ciò che serve, nel destinare il ricavato a dare un futuro ad altre persone nel mondo.

Adriana, oltre al mercatino tu supporti anche l’ufficio…
Sì, oltre alle varie attività del Gruppo e all’aiuto nella gestione del mercatino solidale, quasi ogni settimana dedico qualche ora come volontaria per aiutare nelle attività dell’ufficio: amministrazione, inserimento dati, riordino documenti… Quel che serve. Mi fa sentire utile, e mi aiuta a distrarmi.

Qual è stata la “benzina” che nel tempo ha alimentato il vostro impegno?
Al. La benzina sono stati i progetti sostenuti, grandi e piccoli: il pensare che anche una sola persona in più abbia potuto finalmente sorridere grazie al nostro aiuto è una cosa straordinaria. Quando vedo che le persone hanno fiducia in noi, ci fanno capire che ci sostengono, ci incoraggiano, questo ci motiva. Il Covid non ha aiutato, perché possiamo vivere meno le relazioni “sul campo”, ma spero che pian piano si ritorni a com’era prima.
Ad. Il poter fare qualcosa per gli altri, qui ma soprattutto per gli ultimi del mondo.
R. L’essere utile agli altri, vedere che chi entra al mercatino poi esce contento, mi dà una sensazione positiva, piacevole. Anche gli apprezzamenti delle persone sono una grande motivazione.

Cosa sognate per il futuro di ISP?
Al. Avrei tanti sogni, forse utopie… C’è un sogno che ho sempre avuto, che è quello di coinvolgere sempre di più i giovani e i giovanissimi. Ho tanta speranza in loro, spero che i giovani con la loro visione più aperta, spesso internazionale e multiculturale, possano “aprire un mondo nuovo”. Spero in generale che il futuro sia dei giovani, e quindi anche quello di Insieme si può.
R. Che continui così nell’impegno per il prossimo, e che ci siano sempre più volontari a dare una mano.
Ad. Di continuare a fare quello che già fa.

Cosa significa, secondo voi, essere Insieme si può?
Al. Credo che sia soprattutto un grande orgoglio, e credo che voglia dire sentirsi vivi, reali in un mondo che lo è sempre meno, portando ognuno la propria piccola, importante goccia alla causa.
R. Incarnare lo spirito del fare insieme, perché solo così si può fare di più e meglio.
Ad. Essere umili, mettersi a disposizione in quel che serve.