Viaggi imprevedibili, viaggi irripetibili

Nel corso degli ormai 39 anni di viaggi in Africa, da quella prima volta in Uganda al seguito di don Vittorione, ho vissuto talvolta anche situazioni davvero particolari, se non addirittura incredibili, certamente irripetibili.

Come quella volta in Tanzania, con gli amici del gruppo missionario di Carisolo (TN). Ero stato con loro a visitare alcuni progetti nei quali era coinvolta anche “Insieme si può…”, primo tra tutti l’ospedale missionario di Dodoma. Al momento del rientro in Italia, la situazione era diventata difficile. Nel vicino Kenya erano scoppiati disordini e si erano verificati degli attentati a carico soprattutto dei numerosi turisti presenti sulla costa, per cui era scattato un piano di evacuazione internazionale che comportava la requisizione di tutti gli aerei di linea disponibili. Anche il nostro volo di rientro con Swissair era stato dirottato in Kenya, per cui noi eravamo rimasti a terra. Sistemati in un buon albergo, ma con volo di rientro in data da destinarsi.

Dopo 3 giorni, però, si presenta la possibilità, che naturalmente afferriamo al volo, di utilizzare un volo sostitutivo con la British Airways, in prima classe e senza nessuna variazione del prezzo rispetto al nostro volo (che era in classe economy!). Devo dire che volare in prima classe è davvero un’esperienza strana. Intanto le hostess ti accolgono con un benvenuto diverso, pensando chiaramente di avere a che fare con persone ricche, manager aziendali, politici… In realtà, dopo tre settimane di savana, il nostro abbigliamento, lasciava molto a desiderare e rivelava invece il fatto che eravamo lì semplicemente per uno scherzo del destino. Comunque, come si possono rifiutare l’offerta di una coppa di champagne o il cibo servito su dei piatti di porcellana, oltre che la comodità di sedili che si distendono fino a diventare un letto? Coscienti che quella era la prima (e molto probabilmente anche l’ultima) occasione di godere di questi privilegi, abbiamo approfittato sfacciatamente di tutto quello che ci veniva dato, facendo così pari e patta con tutti i viaggi incastrati in sedili stretti e troppo vicini tra di loro, con quei pranzi in cui era superfluo scegliere il menu, perché tanto tutto aveva lo stesso sapore: plastica.

Un altro viaggio particolare è stato quello effettuato in Sierra Leone. Era da poco finita la terribile guerra che aveva insanguinato il Paese e con l’amico Davide ero stato a visitare due scuole e l’ospedale di Emergency che “Insieme si può…” aveva contribuito a costruire. Al nostro rientro eravamo stati costretti a transitare per il Ghana, dove per alcuni giorni avevamo visitato altri progetti effettuati con i missionari Comboniani.

 

Viaggi irripetibiliAl momento della partenza per l’Italia, scopriamo che l’aereo non c’è più perché requisito dal vice presidente, che si è recato in pellegrinaggio a La Mecca. Anche in questo caso ci parcheggiano per tre giorni in un bell’hotel della capitale, dotato anche di piscina. Potete immaginare, però, la mia sorpresa alla scoperta che ad ospitarci sarebbe stato il DAROLD Hotel. Entrato nell’albergo, mi sono presentato dicendo che ero il padrone e che desideravo la stanza migliore. Alla vista del mio passaporto c’è stato più di un momento di sconcerto tra il personale, e in pochi minuti ero diventato molto famoso. Naturalmente hanno capito subito che non ero il vero padrone, ma comunque a me e Davide hanno riservato sicuramente una delle stanze migliori e un trattamento da VIP, preparandoci per pranzo anche delle pastasciutte non male.

Il terzo viaggio di cui vorrei parlare è più drammatico, anche se poi è andato a buon fine. Assieme a Daniele, attuale Presidente di “Insieme si può…”, e alla volontaria Gioia stiamo viaggiando alla volta dell’Uganda. È notte fonda e Daniele si alza per andare ai servizi. Io non faccio subito caso che tardi a ritornare al posto e non mi preoccupo neppure quando il pilota chiede se c’è un medico a bordo. La preoccupazione arriva solo quando una delle hostess mi informa che il mio amico sta male. Mi precipito in fondo all’aereo, per scoprire che Daniele ha avuto un malore e che è assistito da due dottoresse dirette in Rwanda, meta intermedia del nostro viaggio. Sono evidentemente preoccupate, e decidono che è opportuno un ricovero ospedaliero urgente; visto che siamo nelle vicinanze di Khartoum, si fa un atterraggio di emergenza sanitaria nella capitale del Sudan. Io e Gioia non abbiamo neppure il tempo di renderci conto della cosa che il pilota dà l’annuncio ufficiale: si va a Khartoum. Decidiamo che sarà lei ad accompagnare Daniele in ospedale, mentre io proseguirò per l’Uganda.

Non è stato confortante vedere medici e infermieri salire sull’aereo, prelevare Daniele, portarlo via in barella, partire con un’ambulanza a sirene spiegate verso il più vicino ospedale. Una volta arrivato a Kampala, privo ancora di notizie fresche, ho dovuto comunicare la cosa in ufficio a Belluno al fine di attivare l’assicurazione internazionale appositamente stipulata in occasione di viaggi di questo tipo. Alla fine ha provveduto interamente la compagnia aerea sia alle spese di ricovero sia all’ospitalità di Gioia in un albergo vicino all’ospedale che al proseguimento del loro viaggio fino in Uganda, una volta accertato che non c’era niente di grave e che probabilmente si era trattato di una reazione allergica all’assunzione dei farmaci anti malaria. Tre giorni dopo, con un sospiro di sollievo, potevo finalmente dare il benvenuto in Uganda a Daniele e Gioia, augurandomi di non rivivere più un’esperienza del genere.

Piergiorgio Da Rold