Progetti pace: Afghanistan, Siria e Sud Sudan

Non dimentichiamo i profughi afghani

Mentre i riflettori si abbassano e l’attenzione dei media viene rivolta altrove, la situazione in Afghanistan diventa ogni giorno più grave – soprattutto per donne, ragazze e bambine. Sempre più numerose sono le violazioni di diritti umani che ci vengono riportate da chi ha scelto di rimanere sul campo: le donne di RAWA (Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan), con cui “Insieme si può…” collabora da ormai 20 anni. Rimaste al fronte, queste donne non hanno smesso di impegnarsi, rischiando la propria vita per un Afghanistan in cui i diritti e la dignità di ciascuno siano rispettati e tutelati. Continua dunque, più forte e importante che mai, il nostro sostegno a RAWA e alle altre organizzazioni locali di donne che continuano a lavorare e lottare perché l’Afghanistan sia un Paese laico in cui le bambine vadano a scuola, le donne possano lavorare, vi sia giustizia, si coesista in pace.

Proprio tramite il supporto a queste organizzazioni, ci impegniamo a raggiungere la popolazione afghana, che dal ritorno del regime talebano sta attraversando una gravissima crisi umanitaria. Fin dai primi giorni del nuovo regime, nei campi profughi improvvisati affluiscono quotidianamente un numero sempre maggiore di sfollati interni provenienti da tutto il Paese: sono ormai decine di migliaia di persone in gravi condizioni igieniche e sanitarie, spesso private anche dei più basici beni di prima necessità.

Il problema più grave, ci riferiscono le donne di RAWA, è la fame. Raccontano: “La paura maggiore per le persone è come sfamare i loro figli e sopravvivere. I prezzi sono diventati altissimi, nei negozi e al mercato non sono più disponibili nemmeno i beni di prima necessità o il cibo, o sono comunque troppo cari perché le persone se li possano permettere”.
Ci impegniamo a raggiungere con aiuti di emergenza donne, bambini e feriti nei campi per sfollati interni di Kabul e del resto del paese, per consegnare cibo e beni di prima necessità alle migliaia di profughi che ci vivono in condizioni di grave deprivazione.

 

Educazione alla convivenza pacifica per i giovani in Sud Sudan

La recente escalation di violenza dovuta alla guerra interna, iniziata nel 2011 subito dopo la conquista dell’indipendenza dal Sudan, ha ulteriormente aggravato la già allarmante situazione in cui versava il Sud Sudan. Gli scontri tra diverse tribù ed etnie stanno rendendo ancor più insicuro e instabile il Paese, anche a causa della frammentazione delle guerriglie e della diffusione delle armi in tutto il Paese, che rendono complicato il raggiungimento di un accordo di pace.

In questo contesto di odio e discriminazione basati sull’appartenenza etnica, c’è una realtà totalmente controtendenza, di solidarietà e fratellanza: tre centri chiamati Panamat (ossia, Bringing people together, cioè Unire le persone) a Juba e nelle realtà rurali di Mapuordit e Waryou. In questi centri, giovani sud sudanesi di diverse tribù vengono educati alla convivenza pacifica e al cammino fianco a fianco per un futuro di pace con attività di formazione, microcredito, agricoltura e lavoro.

Per sostenere questa realtà, “Insieme si può…” ha deciso di contribuire al mantenimento dell’ostello del centro di Juba, garantendo ai giovani che vi vivono letti e materassi. Credendo fermamente nell’importanza dell’istruzione, “Insieme si può…” si impegna anche a coprire parte delle tasse scolastiche dei 22 studenti del centro di Juba.

 

Nei campi profughi con i bambini siriani

Dopo 10 anni dall’inizio del conflitto in Siria, si contano 13.4 milioni di persone in grave necessità di aiuto umanitario all’interno dei confini del Paese e 6.6 milioni di rifugiati siriani nella regione circostante.

La Turchia ospita circa il 65% delle persone siriane che hanno dovuto lasciare il proprio Paese a causa del conflitto. Nei campi profughi ufficiali vivono circa 200.000 siriani, di cui le istituzioni si fanno carico. Intorno a questi, però, negli anni sono confluite migliaia di persone che, non trovando posto né accoglienza in un campo ufficiale, si sono viste costrette a crearne di spontanei e ancor più precari. In questi campi improvvisati, le persone vivono prive di cibo, acqua pulita, accesso ai servizi igienico-sanitari.

Con l’avvicinarsi delle stagioni fredde, sostenere i rifugiati siriani che vivono in questi campi spontanei si rende più urgente e necessario che mai. Tra le poche realtà che si fanno carico delle necessità di queste persone sfollate – in particolare dei bambini, vittime innocenti – c’è Support and Sustain Children, un’associazione italiana senza fine di lucro al fianco della quale “Insieme si può…” si impegna a portare cibo, beni di prima necessità, coperte, materassi e tende per i rifugiati siriani del campo spontaneo di Tuzla. Inoltre, riconoscendo la grande importanza dell’istruzione anche in contesti di estrema emergenza, “Insieme si può…” contribuisce al funzionamento di due tende-scuole per i bambini siriani del campo.