Tutto concorre al bene

“Ho messo i miei occhi nei vostri occhi. Ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore”. Questo pensiero di Papa Giovanni XXIII spiega bene il significato che ricerco in ogni mio viaggio. Viaggiare diventa, per me, sinonimo di incontro, il condividere un tratto del mio cammino con l’altro perché, sono convinto, “nessun uomo è un isola” (John Donne).

Il nostro desiderio, mio e di mia moglie, è sempre stato quello di trasmettere questo valore anche ai nostri figli, perché anche per loro il vivere possa essere un’opportunità per condividere ciò che abbiamo ricevuto. L’incontro con la gente di Tassia, a Nairobi (Kenya), è stata una di quelle occasioni da condividere, perché il Bene cha abbiamo ricevuto, facendoci riflettere, ha dilatato il nostro cuore. La perla preziosa, per me, è stato l’incontro con lo sguardo di Ester, piccola bimba disabile che frequenta il centro St. Margaret. Questo centro è un tentativo, messo in piedi dalla comunità parrocchiale di Tassia, per rispondere alla grande problematica dei piccoli disabili, fenomeno sommerso ma ben presente: numerosi bambini, a causa di problematiche insorte durante la gravidanza o il parto, sono venuti alla luce con gravi deficit motori e intellettivi. In uno Stato in cui le politiche di welfare sono praticamente inesistenti, in cui non vi è una sanità pubblica efficace, spesso i gravi problemi sono totalmente in carico dei più deboli.

Alcune madri e una terapista occupazionale stanno sviluppando un progetto per la riabilitazione e il sostengo di questi piccoli: ogni giorno 20-25 bimbi vengono accolti dal centro St. Margaret. Visitare questa realtà è stata un’esperienza unica, soprattutto per il sorriso, gli abbracci e l’enorme affetto che abbiamo potuto ricevere. La piccola Ester, incapace di parlare, grazie ai suoi occhi luminosi e al suo sorriso travolgente, ci ha accolto, abbattendo paure e differenze.

L’idea del centro St. Margaret è nata anche grazie al contributo di una donna straordinaria: Susan. Se noi attraversassimo il cancello che separa il cortile della parrocchia dal quartiere popolare, ci ritroveremmo, in un attimo in mezzo al kijiji (in swahili “villaggio”). Qui la situazione è da periferia esistenziale, innumerevoli casette di legno o lamiera sorgono lungo strade che sono, ad ogni pioggia, fangose e perlopiù fogne a cielo aperto. Tantissimi bambini si aggirano per questi vicoli in cui, purtroppo l’alcolismo, la violenza, la prostituzione, il colera ed altre malattie regnano indisturbate. Ma, come cantava De Andrè, “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” e qui il miracolo della Speranza si rinnova ogni giorno.

Ciò da cui sono sempre stato affascinato di certe persone è la loro capacità di essere dignitosi anche nelle situazioni più disperate e il loro saper alzare lo sguardo. Susan, donna sessantenne, è una psicologa; alla nascita di Veronica, affetta da sindrome di Down, il marito l’ha abbandonata con i tre figli. Questa donna non si è persa d’animo e ha fondato un’associazione, la “St. Veronica Support House”, che ha come obiettivo “costruire una società libera da discriminazioni in cui ogni individuo abbia pari diritti, grazie all’aiuto di persone disposte a creare Speranza per le persone con bisogni speciali”. Questa donna con altre volontarie, grazie all’acquisto di macchine da cucire, produce borse di stoffa per la spesa e con i proventi finanzia parte delle attività dell’associazione. L’accoglienza di Susan e Pepe (il soprannome di Veronica, che oggi ha 18 anni) è stata avvolgente: Pepe, incuriosita dai nostri figli Tommaso e Francesco, ci ha presentato il suo bambolotto, mentre Susan ci ha illustrato la sua fondazione, spiegando che l’idea è nata dal fatto che alcuni bambini disabili venivano lasciati in strada quando le madri dovevano andare al lavoro per essere controllati dalle altre persone del quartiere, e percependo questo bisogno da parte della comunità Susan ha pensato di farvi fronte in modo più sistematico, creando quella che oggi è una bella realtà.

Come dice l’apostolo Paolo: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rom 8, 22). È vero che non tutto è bene, ma tutto concorre al Bene di coloro che amano Dio. Cioè coloro che, come Susan, amano il prossimo, che hanno compassione, sono misericordiosi, piangono perché c’è tanta cattiveria e sofferenza causata dagli uomini e quindi da noi. Tutto concorre al Bene di chi ama Dio, cioè di chi ama ogni altro, tutti, anche il nemico, quindi di chi sa perdonare… Per-donare!

Luigi Montanari – Responsabile Gruppo ISP San Carlo – Cirié (TO)