He is coming!

Un avventuroso viaggio per combattere la fame nel Karamoja

È il mese di luglio 1983 e mi trovo in Uganda per il mio secondo viaggio missionario al seguito di Don Vittorione. Il Paese è in preda alla guerra civile, alla carestia, alla fame. In un mese di permanenza, percorrendo quasi 5.000 chilometri, verranno distribuite oltre 220 tonnellate di viveri e merce di prima necessità a missioni, ospedali, scuole, lebbrosari.

Dopo aver operato nella parte nord ovest del Paese, siamo ora diretti verso il Karamoja, la zona più povera e isolata dell’Uganda. La distanza tra Gulu e Moroto è di circa 500 chilometri, ma sono tutti di strada sterrata, spesso al limite della praticabilità. Don Vittorione e 14 volontari provenienti da Napoli, Bassano, Ancona, Pavia, Lecco, Varese, Piacenza, viaggiano su 2 scassati pulmini WF, mentre io sono a bordo di uno dei 5 camion Fiat 682, carichi all’inverosimile di merce destinata ad una popolazione falcidiata dalla fame e dal colera.

Per sicurezza viaggiamo tutti in colonna: i pulmini davanti, i camion dietro. Le cose, però, si mettono subito male. Prima fora un pulmino, poi scoppia la gomma di un camion, infine un altro camion si deve fermare a causa di un guasto ad una balestra. Rimaniamo fermi per oltre tre ore ai bordi di una strada stretta e polverosa, mentre gli autisti cercano di rimediare al guasto. I pulmini non si sono accorti della sosta forzata e sono andati avanti. Ogni vota che passa un altro camion veniamo investiti da una nube di polvere rossa e per molti minuti sembra di essere immersi nella nebbia fitta.

Finalmente si riparte e alle 17.00 arriviamo nella città di Soroti, dove ritroviamo i pulmini e il resto della comitiva. Vengo accolto come un eroe. Si sprecano le pacche sulle spalle e le promesse: “Non ti abbandoneremo più!”. Promessa che dura dieci minuti. Gli autisti dei camion, infatti, si rifiutano di proseguire. Viaggiare sulle strade del Karamoja di notte è troppo pericoloso, è meglio fermarsi a Soroti e proseguire domani. Il problema è che in città non c’è nessuna possibilità di alloggio per 15 persone, di cui una di 240 chilogrammi.

Viene quindi deciso che, nonostante i pericoli di un viaggio notturno, i pulmini proseguano mentre i camion si fermino. Mario di Pavia si offre di rimanere con me e, una volta salutati gli altri, decidiamo di recarci dalla polizia per chiedere protezione. Dopo interminabili domande, otteniamo il permesso di posizionarci a ridosso dell’ingresso della stazione di polizia. Gli scomodi sedili, il caldo afoso, le zanzare, il continuo via vai di poliziotti, prostitute, gente ubriaca, ci impediscono di dormire anche pochi minuti.

Finalmente arriva l’alba e alle 6 siamo pronti per partire. E invece no! Dobbiamo attendere il via dal capo della polizia, che vuole controllare il carico. Per tre lunghissime ore mi sento ripetere all’infinito: “He is coming (sta arrivando)!”. Finalmente alle 9 arriva. Apro uno dei camion e uno scatolone di fagioli in scatola cade per terra. Istintivamente li offro al capo che, riconoscente, non vuol vedere altro, ma ci dà il via.

Possiamo partire. Ci aspettano 150 chilometri che percorriamo in 6 ore. Alle 3 del pomeriggio facciamo il nostro ingresso nel seminario di Moroto, dove incontriamo don Vittorio e gli altri volontari. Io e Mario siamo sfiniti, assetati, affamati (a parte qualche banana acquistata per strada non abbiamo mangiato nulla dalle 6 del mattino del giorno prima). La prima cosa che chiedo è la possibilità di fare una doccia, visto che sono ricoperto da uno strato di polvere rossa mescolata a sudore puzzolente.

Dopo una doccia, un buon pasto, un sonnellino ristoratore, mi sento di nuovo pronto ad affrontare il resto del viaggio. Per oggi, però, mi godo la soddisfazione di aver comunque portato a destinazione un carico così prezioso. Domani andremo a distribuire viveri nel villaggio di Lopotuk. Sarà l’occasione per incontrare la fame vera, quella che riduce i bambini in piccoli scheletri e le loro mamme in Madonne Addolorate dai seni avvizziti. Una fame saziata almeno per un po’ dalla farina, dai fagioli, dai biscotti, raccolti in Italia e trasportati fin qui con un lungo e avventuroso viaggio.

 

Piergiorgio Da Rold