Commercio equo e solidale

Avrete di certo sentito parlare di “effetto farfalla” guardando un film o leggendo un libro. Il matematico e meteorologo statunitense Lorenz per primo analizzò il fenomeno nel 1962 e, nel 1972, intitolò una sua conferenza: “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?”. Con questa espressione, si descrive la correlazione tra fenomeni apparentemente senza alcun legame diretto tra loro, né di spazio né di tempo, ma che comportano una conseguenza di grande impatto, anche se il primo evento è di per sé quasi impercettibile. Senza scomodare teorie e studi scientifici, prendo perciò in prestito questa “espressione” per fare un parallelo sulle nostre scelte quotidiane e sui conseguenti avvenimenti nel mondo. Non me ne vogliano gli scienziati.

Penso all’effetto farfalla ogni volta che cerco di analizzare cosa accade intorno a noi con sguardo più ampio, collegando eventi diversi che concorrono agli scenari che viviamo. Ogni nostra scelta incide sull’ambiente e sulla vita di altre persone. A volte ce ne accorgiamo, altre è più difficile. Se apriamo un rubinetto e lasciamo scorrere l’acqua, se lasciamo accesa la luce in una stanza, se utilizziamo più plastica di quella necessaria, se la raccolta differenziata ci sembra superflua. Molti dei nostri gesti quotidiani innescano una reazione. E ciò che mettiamo sulla nostra tavola ha un’importanza ancor più significativa. Da un punto di vista “egoistico”, perché quello che mangiamo si ripercuote sulla nostra salute. Ma – ad “effetto farfalla”, allargando lo sguardo – perché scegliere un prodotto o un altro significa influenzare ciò che accade nel mondo. Per questo, è importante conoscere cosa c’è dietro a quel prodotto e quali effetti provoca la nostra scelta.

Assistiamo da decenni a fenomeni migratori importanti, spesso generati da guerre. Ma la causa più frequente è quella economica: carestie, disastri ambientali e sfruttamento del territorio. Le persone lasciano le proprie case perché nel Paese in cui vivono non esiste neanche più la terra da coltivare. Ed ecco che, mentre gusto un prodotto acquistato solo allungando la mano su uno scaffale, senza realmente sceglierlo e senza informarmi sulla sua provenienza, su chi lo ha prodotto, senza pensare se la mia mano stia operando una scelta giusta… Ecco, in quello stesso momento, qualcuno da qualche parte nel mondo potrebbe essere costretto a lavorare in condizioni estreme, senza diritti, rischiando la propria vita. Anche in Italia, senza allontanarci troppo, il caporalato e i racconti di lavoratori nelle nostre campagne che muoiono di caldo e fatica per meno di quattro euro all’ora. I diritti umani sono strettamente correlati alle nostre scelte di consumo.

Il commercio equo e solidale è nato per sostenere attività produttive nei Paesi in via di sviluppo, per permettere l’accesso al mercato a comunità che non avevano questa possibilità. Oggi è una realtà che pratica un’economia differente in tanti Paesi, incluso il nostro. Una proposta concreta per sconfiggere lo sfruttamento e la povertà legati a cause economiche, politiche o sociali. Un commercio attento all’ambiente, per impedirne lo sfruttamento massivo. Un’attenzione che ci rende protagonisti delle nostre scelte. La prossima volta che allungheremo il braccio per scegliere il prodotto da acquistare, fermiamoci un secondo pensando di essere una farfalla, ricordandoci che il nostro impercettibile battito d’ali può contribuire a fare la differenza. Perché i diritti umani “volano” insieme ai diritti economici e sociali di tutti e di tutte noi (in Italia, in Birmania, in Egitto, nelle Filippine).

Patrizia Musicco è membro di Equo Garantito – Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale, che è l’associazione di categoria delle organizzazioni di Commercio Equo e Solidale italiane

(Tratto da Altreconomia 237 – Maggio 2021)