
365 giorni di speranza
Credo sia innegabile il fatto che l’umanità stia vivendo un momento particolarmente difficile. In Ucraina siamo ormai entrati nel terzo anno di guerra e nulla fa presagire che si arrivi presto almeno a una tregua. A Gaza assistiamo ai bombardamenti da parte di Israele e a un conseguente aumento delle vittime tra i civili. In Sudan, devastato da anni di guerra civile, è in corso una crisi umanitaria senza precedenti, e sempre più difficile è la situazione in Congo, Somalia, Etiopia, Haiti, Myanmar, Afghanistan…
Le statistiche ci dicono che nel mondo si allarga sempre di più l’abisso esistente tra i pochi ricchi e una moltitudine immensa di persone costrette a (soprav)vivere disponendo di meno di 1 euro al giorno, con 840 milioni di poveri che non riescono neppure a mangiare a sufficienza mentre più di un miliardo di persone è obesa, e si sprecano quotidianamente immense quantità di cibo. La politica del presidente americano Trump, che si propone di “rendere nuovamente grande l’America” a suon di dazi doganali, ricatti economici, minacce di annessione di altri Stati (vedi Groenlandia e Canada), è puro e semplice egoismo nazionale e personale. E poco importa se il taglio pressoché totale degli aiuti umanitari ai Paesi più poveri porterà inevitabilmente a un drammatico aumento dei morti per fame e per malattie infantili. Quei soldi, deviati sulla produzione di armi, frutteranno immensi guadagni a chi possiede già oltre il 90% di tutte le ricchezze della Terra. Ma le cose non vanno troppo bene neppure qui da noi, dal momento che, secondo l’Istat, ci sono 5,7 milioni di italiani che vivono in povertà assoluta.
La cosa più preoccupante è che sono in crescita fenomeni come l’indifferenza e la sfiducia nel futuro. La prima porta molte persone a privilegiare l’Io sul Noi, a vedere i poveri, gli immigrati, i ne(g)ri come qualcuno da ignorare, da tenere lontano, da richiudere in galera, meglio se lontano da qui. La seconda sta avvelenando la nostra società e in modo speciale i giovani, per i quali sembra non esistere un domani. Per molti la vita sembra non andare oltre all’oggi, e si può uccidere e venire uccisi per una parola sbagliata, per una dose di droga, per affermare il proprio dominio su una donna. Profetico e provocatorio è stato allora Papa Francesco quando ha intitolato l’anno giubilare 2025 al tema della Speranza: “la Speranza, infatti, ha due figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle” (Sant’Agostino).
Insieme si può cerca di perseguire entrambe. Innanzitutto la denuncia, l’indignazione, lo sdegno per tutto ciò che non va nel mondo. Da sempre questa è per noi una vera e propria missione, conseguenza anche del fatto che la nostra continua presenza, per esempio in Uganda, ci rende testimoni oculari di tante, troppe, situazioni disumane. Il coraggio (etimologicamente, “agire con il cuore”) si traduce poi nella volontà e nell’impegno per cercare di cambiare questo mondo, perché la Speranza non è un ottimismo a buon mercato che si spegne alle prime difficoltà o dopo qualche inevitabile sconfitta, la Speranza non è una sterile attesa che “domani le cose andranno meglio”, ma è vivere con generosità il presente per cambiare il futuro.
Grazie all’impegno e alla generosità di tante persone continuiamo a realizzare progetti a beneficio di migliaia di donne, uomini, bambini spesso “scartati dal mondo”, e questo mi spinge a Sperare che non ci fermeremo nel nostro impegno e riusciremo a fare ancora di più e meglio. Grazie a tutti in anticipo.
Piergiorgio Da Rold